lunedì 4 novembre 2013

Pedalando con Perec: la Ciclabile Arenzano - Varazze

(Ovvero: ricordo dell'ultima giornata di sole)

di Giulia Cocchella
A meno che non vi siate distratte a baciare con passione il capotreno, mancare la stazione di Arenzano è impossibile, ci sono le case panna e fragola che come un segnalibro dicono: il posto è questo. Slego la bici dal sostegno del vagone biciclette - spazio grigio, penso - e scendiamo.
Siamo io, la bici e Perec, stamattina. Ilaria non c'è, sta lavando casa perché sua madre, sensibile alla pulizia, stasera cala giù dal milanese a trovarla, cioè a controllare la carica batterica negli angoli della cucina.
Guardo il cielo terso tra i palazzi panna e fragola e penso a quando da bambina, passando da qui in treno per andare a Savona da mia nonna, osservavo queste strane case, bianche e rosa, immaginandomi l'odore delizioso che dovevano avere le facciate (spazio del sogno).
Si parte!
Il primo tratto di ciclabile che da Arenzano porta a Cogoleto inizia con una galleria, perché come quasi tutte le piste ciclabili liguri, anche questa è costruita sul percorso della vecchia ferrovia dismessa.
Spazio aperto, penso, mentre le ombre della ringhiera a lato mare diventano linee di fuga per il mio sguardo e per il pedale.



Perec non catalogava gli spazi per gioco, lo faceva con il preciso intento, parole sue, di esaurire un luogo, ridurlo ai minimi termini, scomporlo, nominarlo, fino a poter dire: questo luogo mi appartiene, lo conosco.
Ritrovo l'estate nel mio naso.
Spazio olfattivo.












Mi avvicino a Cogoleto, ma l'impressione è quella di essere su un'isola e pedalare sulla strada litoranea, completare il giro e riprenderlo, lungo il perimetro di un cerchio che si rinnova. L'occhio sinistro si inebria di azzurro e l'occhio destro di verde.





"Che significa impossessarsi di un luogo? A partire da quando un luogo diventa veramente vostro?" chiede Perec "Quando si sono messe in ammollo tre paia di calzini in un catino di plastica rosa? (...) Quando vi si sono provati i tormenti dell'attesa, o le esaltazioni della passione, o i supplizi del mal di denti?"
Quando lo si percorre in bicicletta? Quando si appoggia la bici alla ringhiera e ci si siede a leggere al sole?




Oltrepassata Cogoleto lungo la strada (qui la ciclabile si interrompe), raggiungo il secondo tratto che porta a Varazze: è il mio preferito.
I Piani d'Invrea sono uno spettacolo per gli occhi, una fortunata serie di piccole spiagge rocciose che si susseguono uno via l'altra, prima nere (spazio nero), poi bianche (spazio bianco). Inevitabile stupirsi di fronte a tanta ricchezza concentrata che vi fa venire voglia di abbandonare i vestiti e buttarvi in acqua nudi!





Mentre scatto qualche foto, un gatto mi si avvicina e incomincia a strofinarsi contro le mie gambe, poi contro le ruote della bicicletta: spazio d'un istante in cui tutto mi sembra felice (accade, a volte, di sentirsi così)



Proseguo fino a Varazze, poi torno indietro, poi ancora avanti fino alla fine della ciclovia e mentre pedalo provo a lasciare che il mare, i pini, gli scogli, il cielo, il transito di un gabbiano, tutto mi riempia gli occhi come fosse la prima volta. "Continuare. Finché il luogo diventi improbabile (...) fino a non capire più che cosa succeda e che cosa non succeda" mi insegna, ancora, Perec.
Provo, e a tratti lo trovo il mio primo sguardo sul mondo, anche se non sono sicura di riuscirci davvero, che il primo sguardo nessuno se lo ricorda, e se mai lo ricordiamo, allora, è già tardi per salvarne lo stupore.
Però forse qualcosa succede - spazio vergine, scoperta dello spazio - e quanto più pedalo, mi stanco, oltrepasso la soglia, tanto più quel primo incontro si avvicina, è a un soffio.


Primi passi fatti in riva al mare.
Primo contatto piede-acqua di mare: l'acqua è bagnata.
Il mare da bambina mi regalava dei sassi.
Primo cielo azzurro visto coi miei occhi.
Prime nuvole a forma di drago
Prima volta che provo a guardare dritto in faccia il sole: non resisto
Primo contatto piede-pedale della mia prima e sola bicicletta: pieghevole, con le rotelle, rossa, regalo di mia nonna di Savona.
Il cerchio si chiude.
" Vorrei che esistessero luoghi stabili, immobili, intangibili, mai toccati e quasi intoccabili, immutabili, radicati; luoghi che sarebbero punti di riferimento e di partenza, delle fonti (...)
I miei spazi sono fragili: il tempo li consumerà (...)
Scrivere: cercare meticolosamente di trattenere qualcosa, di far sopravvivere qualcosa: strappare qualche briciola precisa al vuoto che si scava"
Georges Perec, Specie di spazi




















5 commenti:

  1. Riempio questo spazio per dire che ho acquistato "Vita istruzioni per l'uso" alla Feltrinelli della Stazione Centrale di Milano.
    Luogo pericolosissimo in cui consumare lo spazio dell'attesa ..
    Belle le foto e le suggestioni. Un bacio

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    1. Ciao fedele lettrice!
      Speriamo che il buon tempo ci permetta di pedalare altri spazi...intanto si legge.
      Buon libro!

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  2. Leggendo, ho sentito l'odore del mare, il profumo delle piante che crescono sugli scogli e sono tornati alla mente bei ricordi. Bello! Grazie.

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  3. Ciao Giulia. Ho letto Specie di Spazi e direi che qui hai decisamente trovato lo spazio poetico. Buone scritture :)

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    1. Ciao Karoline! grazie!
      buone letture e scritture anche a te!

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