sabato 27 settembre 2014

Frontiere

di Giulia Cocchella


Dici frontiera e subito penso alla carta da lucido su cui mi facevano ricopiare le regioni e gli stati, alle elementari. La frontiera, il confine, era una linea che si doveva poi ricalcare con il trattopen nero, mentre il paese aveva un ripieno colorato, ora di verde, ora di marrone, a seconda che ci fossero pianure o montagne. Là in mezzo c’erano gli uomini, ma quelli non si dovevano disegnare, non c’era spazio a sufficienza e le regole non lo richiedevano.
Che cos’è davvero una frontiera? Che cosa significa varcarla?
“Linee immaginarie che dividono la stessa strada” scrivi, “e separano vite attigue”. Non so esattamente che cosa vuoi dire, ma lo immagino.
È difficile figurarsi un viaggio, se non lo si fa. Così quando mi hai chiesto di seguire le tue orme vere con le mie, più lievi, di inchiostro, ti ho subito messo in guardia: non credo di poterlo fare al posto tuo, scrivi tu! E stai scrivendo cose meravigliose, che arrivano dritte anche a chi ti segue da lontano.


Adesso, dopo la frontiera ostile tra Albania e Macedonia (“Chissà cosa credevano che nascondessi nel fondello dei pantaloni da ciclista!”), dopo una discesa che descrivi velocissima fino al lago di Ohrid – ci sembra di vederlo avvicinarsi all’impazzata, i pedali che mulinano nel vento – adesso sei di fronte a un altro confine, quello con la Grecia.


Cosa c’è dall’altra parte? Difficile, scrivi, documentarsi con precisione su ogni chilometro di un viaggio così lungo. Così l’immediata conseguenza è lo stupore.
Ma poi, perché una linea immaginaria confina una lingua parlata al suo recinto, e di là lo stesso cielo, gli stessi colori, hanno nomi differenti?
È il mistero delle frontiere, il fascino e la paura della soglia.
Forse, dopotutto, è per questo che viaggiamo.




[Tutte le foto sono di Alessandro Zeggio, in viaggio da Genova a Gerusalemme in bicicletta]




2 commenti:

  1. "Imagine there's no countries
    it isn't hard to do ..."
    queste le prime parole che mi sono venute in mente.
    Immaginarlo in sella a una bici, credo sia ancora più facile ... o no?

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  2. Davvero!
    Sì credo che il mezzo faccia un po' di differenza, il mezzo rivela a suo modo un' intenzione.
    Lo chiederemo al Capitano quando torna!

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