martedì 26 agosto 2014

Un buon vento

di Giulia Cocchella


Non ci pizzica subito, la tarantola.
Aspetta nascosta nel buio. Lascia trascorrere la Notte della Taranta di Melpignano - scontato pizzicare durante il concertone - ma ci attende al varco alla prima lezione di danza.
Franca Tarantino è una donna piena di garbo e di bellezza, proprio come i passi della danza che ci insegnerà. Ci racconta come è nata, ci parla del contesto familiare nel quale veniva ballata, del ruolo della donna e di quello dell'uomo. Poi attacca la musica. 
I primi passi, il fazzoletto, la ronda...quando Luigina, in campeggio, va a lavarsi i denti ballando e Livia, mentre pedaliamo, intona Santu Paulu meu lungo la strada  è chiaro per tutti che non c'è più niente da fare: siamo stati pizzicati!
Se la danza, attraverso la terra, entra dai nostri piedi, il ritmo passa per le mani.
Il tamburello salentino è uno strumento che tra le dita di Giuseppe Delle donne diventa un prolungamento naturale della mano, come se per lui - e per molti in questa terra - fosse naturale scuotere un braccio e produrre suoni di sonagli, o come se la botta, come la chiama Giuseppe calcando sulla b, fosse un riverbero fisiologico del battere del cuore.


La musica ci accompagna ovunque, con un ritmo che ormai è nelle nostre orecchie, scandisce il tempo dei pedali sulle salite, scivola sull'orizzonte d'acqua, prima azzurro intenso, poi verde, poi rosso, facendo ruotare il nostro sguardo ora a sinistra verso le falesie a picco sul mare, ora a destra verso la pietra color sabbia delle case di Otranto. Perché ciò che conta è girare il mento, come dice Viviana con mirabile sintesi: imprimere al nostro volto una rotazione, anche piccola, che ci permetta di allargare lo sguardo.


Sulla piazza di Leuca, leggiamo a turno, ad alta voce, le poesie di Nicolas, cicloviaggiatore e poeta, che ci ha accompagnati nella tappa verso Otranto. Poco prima di salutarci ha consegnato nelle mani di Gilda un regalo per noi, un tesoro di carta. 


Sono tutti versi di un' unica poesia, ripiegati ad origami nello stesso foglio su cui sono scritti. Presi uno a uno, sembrano oracoli che ognuno pronuncia per sé, o a beneficio degli altri. Facciamo foto alle bici, foto a noi stessi, foto ad immortalare attimi, risate, sguardi e ancora risate.
C'è una luce bellissima e penso che è davvero un buon vento quello che ci accompagna.






domenica 24 agosto 2014

Pizzicati

di Giulia Cocchella


Da Lecce a Melpignano, la strada la fanno gli ulivi.
Ci sono dodici piante per abitante, dice Carlo, la nostra guida, e poco più tardi Nunzia ci racconta che erano i marinai a lavorare nei frantoi ipogei, nei mesi in cui il mare dava loro meno da fare. Scendevano sotto terra il giorno dei Morti e ritornavano in superficie soltanto a Pasqua.
Pedaliamo in mezzo a questi monumenti naturali, i cui tronchi sembrano fatti di carne. Il vento, nei secoli, ha scolpito volti, braccia intrecciate, corpi che lottano, che si amano, che ballano all'ombra delle fronde, i piedi affondati nella terra rossa.


Ci muoviamo lentamente in questo paesaggio che resta uguale e insieme si rinnova, e iniziamo a chiacchierare tra noi. Siamo tanti, davvero troppi per ricordare i nostri nomi, ma non importa: è bello abbandonarsi alla musica variabile dei nostri diversi accenti.


Musica è anche quella che ci aspetta a Corigliano d'Otranto, alla Masseria S. Angelo.
Giuseppe ha novant'anni ed è l'ultimo sopravvissuto dei quattro "Ucci", storici suonatori di pizzica salentina. Ci regala una canzone, accompagnandosi con l'organetto, poi col tamburello. 


Lo ritrovo, più tardi, mentre si prepara a mungere le capre. La taranta è una cosa seria, mi spiega: un tempo, nei campi, il rischio di essere "pizzicati" c'era davvero. Quindi aggiunge qualcosa sul lavoro in masseria, che prima di essere un b&b era una fattoria a tutti gli effetti, ma capisco una parola sì e una no, così finisco per lasciarmi ammaliare dai suoi gesti, dal suo dire le cose con gli occhi.
Continua a raccontare la sua storia anche quando ha finito di parlare, gliela leggo nei solchi profondi attorno alla bocca, la trovo scavata sulla sua fronte, tra le vene rilevate delle mani, nervose, da musicista.
Lasciamo Corigliano per dirigerci verso Melpignano, dove ci attende la notte della Taranta.


"Qui cresce nella natura il ragno della follia e dell'assenza, si insinua nel sangue (...). Qui cresce tra le spighe del grano e le foglie del tabacco la superstizione, il terrore, l'ansia di una stregoneria possibile, domestica" Salvatore Quasimodo

Dov'è il discrimine tra follia e abbandono? C'è davvero un finis terrae, un confine invalicabile?
Ma soprattutto: che ne sarà di noi, stasera, dopo il morso?





venerdì 22 agosto 2014

Equilibristi. Taranta in bici

di Giulia Cocchella

Una ballerina in equilibrio su una sedia.
Non seduta sul bordo, come fanno tutte le donne della mia famiglia, quasi fossero sempre in procinto di alzarsi. No, proprio in bilico, a suo agio in quel momento di perfetta sospensione, una mano appoggiata alla paglia della seduta, l'altra sullo schienale, e i piedi impegnati in una danza che si compie, senza posa, verso l'alto.


Osservo questa scultura in mezzo alle altre, nel cortile del palazzo dell'Università, a Lecce.
Sono fatte in cartapesta, un materiale che i Salentini nei secoli hanno imparato a "magnificare", come ci ha informati un cartello poco fa. Sono tante, ma mi accorgo che il mio sguardo cerca solo lei, la ballerina coi piedi tra le nuvole, che trova l'equilibrio nel movimento costante della sua danza.
Einstein, che non ballava sulle sedie, né tantomeno sui tavoli, in bicicletta ci andava, però. E notò come la vita e questo potente mezzo a due ruote si assomigliassero, poiché per entrambi era valido lo stesso principio: per mantenersi in equilibrio, l'unico modo è muoversi.
Penso a tutto questo mentre percorriamo la strada che porta al campeggio, in mezzo agli ulivi. Mi fermo, faccio passare i miei compagni di viaggio, appena conosciuti, poi scatto una foto nella luce radente: eccoci, un gruppo (numeroso, sì, molto numeroso!) di equilibristi a pedali.


Arrivati qui anche per inseguire il fascino di quell'istante in cui i piedi si staccano da terra, che accada in bicicletta o nella danza poco importa. 
Ciò che conta, sono i piedi tra le nuvole.




Buon viaggio!