sabato 7 giugno 2014

Navigli. Mondi riflessi

di Giulia Cocchella

Nel catalogo dei luoghi fantastici, sotto la R, tra le ragnatele imperlate di rugiada e i roseti erranti, devono esserci anche le risaie.
Quando partiamo in bicicletta da Pavia, non ci aspettiamo di incontrarle: Ilaria perché finora ha percorso queste zone solo in auto, passando per la provinciale, io perché conosco molto poco la Lombardia, nonostante sia a un passo da casa.
Quello che ci attende è un itinerario d'acqua, lo si capisce da subito.


Appena uscite da Pavia, in direzione di Bereguardo, ci accoglie uno stagno da manuale, con tanto di gracidio di rane e ninfee. A lato della strada i papaveri digradano nel verde delle spighe, nelle macchie d'ombra dei pioppi, e si stemperano nell'acqua del Ticino, che scorre là dietro.



A volte i pioppi formano barriere ipnotiche di tronchi, dove le macchie delle cortecce si confondono con quelle che il sole proietta dall'alto. Altre volte intrecciano archi ogivali perfetti, architetture naturali che non lasciano dubbi sull'origine delle cattedrali.
Stiamo pedalando nell'aria tiepida, sovrapponendo le nostre chiacchiere ai ronzii primaverili, quando si distende davanti ai nostri occhi uno specchio d'acqua. Come accade agli specchi vecchi, la superficie riflettente sotto la lastra di vetro è un po' brulla, discontinua, così che il cielo allo specchio ha delle asperità che non avrebbe, le nuvole sono di un bianco meno puro e forse, là sotto, al rovescio, chi abita là sta persino aprendo un ombrello che qui non occorre.



Le risaie appartengono a pieno titolo ai mondi riflessi, universi accessibili al contrario e disponibili alla vista anche rimanendo nel mondo di qua. Che cosa accada in questi mondi, non è dato sapere. Apparentemente niente di diverso da ciò che succede in superficie, ma io non riesco a fidarmi.
Cerco con gli occhi le differenze, come in quei giochi enigmistici che mi tenevano occupata da bambina, ma qui la questione è molto più complessa. Eppure se trovassi il particolare mancante, o il dettaglio eccedente, quella sarebbe la porta, è chiaro.
I mondi riflessi sono moltiplicatori della realtà, la raddoppiano lungo ineccepibili assi di simmetria e cuciono insieme così bene le due parti che a volte nascono solidi nuovi, occupanti dimensioni altre da quelle che conosciamo. Inesistenti?



Distogliamo a fatica gli occhi da questo paesaggio e raggiungiamo Bereguardo.
Ci accoglie nientemeno che una famiglia di cicogne, che ha scelto un palo della luce per fare il nido: io e Ilaria torniamo bambine.

 

Poco più avanti incontriamo anche gli aironi, bianchi e cinerini, che si fanno osservare per poco, poi volano via dispiegando le ali eleganti.



Oltrepassato il suggestivo ponte di barche di Bereguardo prendiamo la via del naviglio.
Io a pedalare lungo i navigli non c'ero mai stata, prima d'ora li immaginavo più simili a dei canali veneziani che a delle vene d'acqua in mezzo ai campi. Mi stupisco della bellezza di queste arterie, che prendono l'acqua dal Naviglio Maggiore e la distribuiscono, della schiettezza delle chiuse, che portano il nome dei proprietari dei terreni che l'acqua attraversa, di questo panorama dalla fisiologia semplice e complessa al tempo stesso, che desta meraviglia per la sua efficienza.



Si sentono forte le rane. Una gallinella d'acqua si nasconde dietro l'erba che ricade dall'argine.
Lingue di terra, d'erba e d'acqua si intrecciano in un punto di fuga promiscuo, mentre qui a destra, a un passo da noi, l'acqua del naviglio, come prima quella delle risaie, moltiplica il cielo, replica i cespugli che si affacciano dall'argine basso, capovolge le chiome dei pioppi.























Abbiategrasso, dove è nata Ilaria, non è molto distante.
Attraversiamo campi di spighe dorate, da cui spuntano piccoli fiori di camomilla; poi ancora riso, che già affiora dall'acqua, poi all'orizzonte si staglia un profilo di città.


   

            

M. C. Escher, Pozzanghera (xilografia)

Il cielo sereno, di sera, si riflette in una pozzanghera formatasi dopo un'acquazzone nel fresco di un sentiero di bosco. Nel terreno paludoso sono rinvenibili le tracce di due camion, due biciclette e le impronte di due passanti. (M. C. Escher)