sabato 6 maggio 2023

Anello Capanne di Marcarolo. Pedalare con gli scoiattoli

 di Giulia Cocchella

Non smetterò mai di ripeterlo: per me la bicicletta si muove nel mondo alla velocità perfetta, non troppo lenta - che la lentezza annoia, fa venire la smania di correre - non troppo veloce - che la rapidità diventa presto fretta, sfoca i contorni delle cose, sottrae i dettagli all'attenzione.

Sono quasi sicura che a piedi, e meno che mai in auto, non avrei visto lo scoiattolo.
Prima è comparsa la sua ombra sull'asfalto, ombra tra le ombre delle foglie, ma saltellante e mobile, un guizzo grigio. Alzo lo sguardo: scoiattolo! Dico: Fede, scoiattolo! Scoiattolo, scoiattolo! La bestiola scende e poi, sentendosi nominata e indicata con tanto entusiasmo, risale sul suo tronco con qualche giro di giostra, testa-coda testa-coda testa-coda, si riavvita fin su tra le foglie, è così rapido che assomiglia a un'idea che avevi in mente e poi ti sfugge. Era una bella idea, aveva la coda. 
Mi piacciono moltissimo gli scoiattoli. 
È curioso che questo si sia manifestato in prima battuta con la sua ombra, perché l'ombra, lo scoiattolo, ce l'ha nel nome: skià.
Scoiattolo significa letteralmente "colui che si fa ombra con la coda" e davvero questo piccolo mammifero usa la sua coda come parasole, come ombrello in caso di pioggia, come coperta, timone e paracadute. Senza contare che con la coda gli scoiattoli comunicano con gli altri scoiattoli, che con la coda, neanche a dirlo, rispondono. 
A voler trovare loro un difetto, si potrebbe dire che sono sbadati: sotterrano per provvista una gran quantità di ghiande, noci e nocciole, ma spesso poi non ricordano dove. In realtà, proprio per questo, sono i più strenui promotori dell'avanzare del bosco, senza saperlo.


Il giro di oggi è un crescendo di fatica e di meraviglia. Iniziamo con la celebre scalata del Passo della Bocchetta, valico dell'Appennino Ligure, che separa la Provincia di Genova da quella di Alessandria, e unisce la Val Polcevera con la Val Lemme.
Arrivati in cima, il profilo di Fausto Coppi ricorda nel bronzo la sua ultima vittoria del Giro dell'Appennino. 
Ci riposiamo un pochino sulla Big Bench arancione, quindi proseguiamo il nostro percorso ad anello attorno al Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo.
Tra Liguria e Piemonte, il Parco è compreso tra la Val Lemme, la Val Polcevera e la Valle Stura. Questa zona ci è nota per i suoi sentieri, ma non ci siamo mai avventurati in bicicletta. Conosciamo il Monte Figne, il Monte Taccone e i bei Laghi del Gorzente, ma oggi passeremo attorno a questa grande area verde, seguendo le strade provinciali - pressoché deserte - che la circondano.


Lungo la strada per Voltaggio, facciamo una sosta per ammirare un muro d'orto ricoperto di cespugli colorati. Il contadino si accorge di noi e ci fa annusare le foglie di una pianta, snocciola i nomi dei fiori.
Ci superano veloci alcuni ciclisti, noi invece ci attardiamo volentieri a chiacchierare con quest'uomo dall'età indefinibile, che a stare con le piante - penso, forse del tutto a sproposito - si è fatto più vicino al regno vegetale che a quello cui un tempo apparteneva. E lì se ne sta a suo agio, con le farfalle che si posano sulle sue braccia come sulle margherite.
Anche le facciate delle case di Voltaggio attirano le farfalle, le confondono con i loro colori.


Da qui in poi, la salita non dà tregua per molti chilometri.
La convinzione che la parte più impegnativa fosse la salita al Passo della Bocchetta, ha trasformato nella mia testa la restante strada in una sorta di falso piano, dolce sequenza di saliscendi. Non è affatto così. Tuttavia il panorama è magnifico: incominciamo a dirci che sì, questo è il giro più bello che abbiamo mai fatto vicino casa.


La fame incomincia a farsi sentire, ma stiamo pedalando in mezzo ai monti: non sembra verosimile incontrare nulla che somigli a un bar.
Per questo lBaita Rio Gorzente ci appare come un miraggio quando fa la sua comparsa sul lato sinistro della strada. 
Il cibo è ottimo, come la musica e l'accoglienza. Più tardi, curiosando sul sito, scopro che qui si può portare la tenda, campeggiare, e risvegliarsi con una stupenda colazione.
La strada sembra più scorrevole adesso, ma è soltanto l'effetto ristoratore del cibo. La salita, inesorabile, torna presto a far sentire la sua pendenza.
Di nuovo ci soccorre la bellezza. A sinistra si apre una distesa di asfodeli, mentre dal lato opposto il verde brillante dell'erba è scandito dai pennacchi viola delle orchidee selvatiche.


Il profumo del biancospino in fiore ci accompagna per lunghi tratti, inframezzato da altri odori - note di liquirizia, miele? - sospesi nell'aria tiepida.


Incontriamo il Sacrario della Benedicta
Sento il bisogno di fermare la bici e scendere a piedi tra le lapidi che ricordano i partigiani massacrati nell'Aprile del '44. L'esercito fascista, insieme ad alcuni reparti tedeschi, uccise qui 147 persone. Tra loro, 75 uomini furono fucilati, altri morirono nel crollo dell'ex monastero della Benedicta, che venne minato e fatto esplodere.
Gli scontri armati andarono avanti per alcuni giorni. Furono fatti anche prigionieri, portati poi in carcere o deportati nei lager nazisti.
Leggo i nomi di alcuni di loro, li immagino ragazzi. Chissà quanti erano  poco più grandi o coetanei dei miei studenti.
C'è un silenzio particolare in questo rettangolo di terra recintato dal ricordo; il vento spazza le foglie con gentilezza, tiene pulito il pavimento di questa casa che non ha soffitto.
Leggo ancora qualche nome (i nomi tengono in vita, i nomi sono una delle prime cose che riceviamo in dono quando veniamo alla luce) e cerco di pensarli vivi, in un giorno qualunque prima di quel giorno d'Aprile.


Nell'ultima parte del nostro giro, un nuovo profumo: la Daphne cneorum è una pianta arbustiva della famiglia delle Thymelaeaceae, velenosa e profumatissima.



Il bosco ci ha mostrato fin qui faggicastagni roveri, ma a un tratto arrivano le conifere. La terra è rossa, ai bordi della strada lascia scoperte le radici degli alberi.


La Viola di Bertoloni distende i suoi grandi petali al sole e qualcuno è così entusiasta della flora locale che preleva un paio di piantine con tanto di radice e pane di terra. Del resto a che cosa servono le tasche posteriori delle maglie da ciclismo?



Due rapaci, forse poiane, si muovono nel loro elemento con la maestà di chi non ha predatori.



Ancora una foto al paesaggio, una foto a noi stessi, poi ricompare il cartello di confine di provincia: siamo tornati a Genova. 
Quando finalmente la strada si fa ripida discesa, mi sembra a tratti di trovarmi in un sogno lucido, in cui vedo esattamente quello che vorrei vedere e tutto il mondo attorno si costruisce seguendo i miei desideri. Forse è la luce calda del tardo pomeriggio, forse è un eccesso di stanchezza!



Una fila ordinata di cagnetti chiude il nostro magnifico giro.