di Giulia Cocchella
Immaginate di percorrere in bicicletta un vecchio tracciato ferroviario, dove il treno non passa più.
Immaginatelo, questo treno: scuro, pesante, con due piccole scopette di saggina davanti alla locomotiva, a spazzare via le pietre dai binari. Pesa tonnellate, e la lentezza è commisurata al peso.Il suo arrivo è una festa - difficile da credere, ora - perché il treno porta con sé merci, notizie e persone care.
Le stazioni distano dai centri abitati sulle colline anche molti chilometri, perché i vagoni non possono certo arrampicarsi fin lassù.
Così il treno (riuscite a vederlo, adesso?) corre in mezzo agli alberi, ma non compete col vento: corre lento, più veloce forse di un animale in fuga, ma animale lui stesso, nero, nel verde assoluto di questi boschi.
La Parenzana.
Siamo in viaggio da due giorni e si alternano costantemente sotto le nostre ruote strade reali e strade che furono, luoghi in cui i vecchi binari sono insospettabili, altri dove la strada si allarga e scopre tra gli alberi le stazioni di un tempo.
Tento di aprire una porta chiusa; cerco di trovare l'inizio della storia, e la sua fine improvvisa, sul fondo di una ciotola lasciata sul tavolo della cucina. Lo scolapiatti è lì, ancora adatto al suo scopo, ma non ci sono piatti.
Da Trieste a Parenzo: 123 chilometri di ferrovia per soli 33 anni di servizio, dal 1902 al 1935. Binari che univano, idealmente e nella sostanza, i popoli diversi che da sempre erano abituati a convivere in Istria, nonostante la storia travagliata di questa regione.
Ce ne parla Ketrin Antolovic, lo fa con naturalezza passando da un argomento all'altro: prima le differenti qualità di olio che la sua famiglia produce, poi le difficoltà che dovettero affrontare i suoi nel periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale. Parla delle piante e della sua famiglia, chiama per nome i diversi tipi di olive come si chiamano per nome le persone e all'improvviso è chiaro che si tratta della stessa storia: la storia di una terra e di chi con tenacia la abita.
Ieri Muggia, Capodistria, Portorose, Buie.
Un ulivo vicino al mare, tra Capodistria e Isola |
Le saline di Sicciole, in Slovenia |
Oggi una lunga discesa nel verde, di quelle sconnesse che rimescolano i pensieri nella testa e li disperdono.
Poi Grisignana con la lavanda e le persiane francesi, con le case di pietra e la lingua che ora batte dura, ora scivola via; gli scorci dove l'occhio si incaglia e quelli dove lo sguardo prende il volo.
Domani, che cosa ci riserverà il viaggio?
Una carta tra le foglie, all'uscita di una galleria |
E' sempre un piacere leggerti.
RispondiEliminaUn abbraccio e a presto.