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martedì 6 luglio 2021

Verona - Montecchio, passando per doppia foratura

 di Giulia Cocchella

Da qualche parte ho letto che quasi a nessuno interessano i dettagli, tranne quando le cose non funzionano. Sarà che sono miope, sarà che lo sguardo si riposa naturalmente su porzioni più piccole di orizzonte, sui micro-panorami, ma a me piacciono i dettagli. Mi piacciono per quello che sono e per come cambiano la percezione dell'insieme. Prendete un girasole sulla strada che porta fuori Verona. Prendetene uno - ce ne sono tanti, ma sceglietene uno che sia il vostro. La presenza dei semi cambia la sua morbidezza allo sguardo. C'è un'ape posata in alto a destra. Viene voglia di tuffare naso, labbra, occhi in mezzo a tutto quel giallo. Poi il tuffo si svolge al contrario, tutto si arrotola all'indietro come in Zoom di Banyai: usciamo dal giallo, micro-telaio di ali di ape, seme, corolla, girasole tra i girasoli, campo giallo tra rettangoli verde scuro, pedemontana veneta occidentale, Nord Est, porzione più vasta di globo terracqueo, pianeta blu. Ma in quel blu c'è anche una piccolissima parte di giallo, un dettaglio. 

Oltre ai girasoli, ci sono le acacie. E le loro spine: prima foratura. Cambiamo la camera d'aria sfruttando uno spicchio d'ombra, gonfiamo e proseguiamo. La strada si fa sterrata, ma perfettamente pedalabile, e porta accanto alla ruota di un mulino ad acqua. 

Poca strada più avanti, la gomma anteriore di Fede è di nuovo a terra. Altra spina che non abbiamo visto? Camera pizzicata nelle operazioni di cambio? La piccola porzione d'ombra che troviamo questa volta, è proiettata dalla casa di un contadino, che ci viene incontro e offre il suo aiuto, raccontandoci intanto diffusamente delle sue galline: varietà, abitudini, piumaggio, carattere... Il discorso vira anche inaspettato sull'architettura dei ponti e quando ci salutiamo - la moglie col fazzoletto in testa, sullo sfondo - ho la riprova che i viaggi in bici sono strani catalizzatori: di incontri piacevoli, di discorsi smandrappati.

Trascorso il quarto d'ora di guardia senza che la gomma dia segni di cedimento, ci rilassiamo. La strada è piacevolissima, fiancheggiata da campi di mais, corsi d'acqua e vigneti sterminati.


Soave si preannuncia da lontano con la vista del Castello Scaligero e dell'imponente cinta muraria, scandita da ventiquattro torri, costruite a partire dal X secolo. Cercando il più vicino negozio di bici per comprare una camera d'aria di scorta, ci imbattiamo in una grande azienda vinicola: questa è la zona storica di produzione del Soave classico. Prima di ripartire, ci procuriamo una bottiglia super lusso Rocca Sveva, per la cena di stasera.


Lungo la strada per Soave, la Pieve romanica di San Pietro in Colle riposa all'ombra di abeti e vigneti.

La nostra destinazione originaria, per la tappa odierna, sarebbe stata Vicenza, ma la doppia foratura e la necessaria calma del primo giorno ci fanno arrivare a Montecchio Maggiore, dove la tradizione ha voluto riconoscere nel Castello della Bellaguardia il maniero di Giulietta Capuleti, e nel Castello della Villa, quello di Romeo Montecchi.

Dormiamo qui, trovando una sistemazione poco confortevole, che però verrà stemperata dalla bottiglia di Soave. 

Brindiamo alla prima tappa

alla nostra vacanza 

(io, in silenzio, alla mia ritrovata energia

a questo compleanno appena passato

alla fortuna di essere qui, nonostante tutto, a brindare

alla bellezza di essere in due

alla bellezza del giallo, dell'ape in alto a destra, del campo di girasoli

del globo terracqueo che stiamo mandando a rotoli

pianeta blu che ruota e rivoluziona

ruota e rivoluziona

ruota e rivoluziona...)

lunedì 5 luglio 2021

Ricominciare dall'Aida Est

di Giulia Cocchella

Da qualche parte è necessario ricominciare. Non perché sia più bello, giusto o lodevole (la resa è a volte bistrattata a sproposito), ma perché a pensarci bene non è possibile fare altrimenti. Così ricomincio, anzi ricominciamo, con un viaggio a pedali.


Con l'occasione, soffio via la polvere dalle pagine di questo blog, rimasto fermo così a lungo da farmi pensare che appartenesse ormai a quella particolare specie di passato che è meglio lasciar andare. Lo avevo messo nel cassetto delle cose che non sono più - diventato così pieno nell'ultimo anno - e invece mi sono sbagliata: è ancora il mio blog, sono ancora io.

La ciclovia dell'AIDA - Alta Italia Da Attraversare - parte dal Passo del Moncenisio e arriva a Trieste, attraversando Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli, per un totale di 930 km. Un bel progetto Fiab, che collega tra loro ciclabili, ciclovie e strade secondarie. Noi decidiamo di percorrere l'AIDA Est, da Verona a Trieste, seguendo le tappe proposte dalla bella guida di Ediciclo e partendo proprio dall'Arena: qui, l'altra Aida, quella di Giuseppe Verdi, è in cartellone ininterrottamente dal 1913.

Lunedì: giorno di arrivo in auto. Liberiamo le bici dal portapacchi e dedichiamo il pomeriggio a gironzolare per la città. Il primo incontro è con Salgari. Gioviale, eternamente bloccato nel gesto di raggiungere il cappello con la mano in segno di saluto, sembra contento di essere qui, nella sua città natale. Non gli parlo di nulla che possa disturbare il suo buonumore, messo così a dura prova quando era in vita. - Adesso - mi sussurra sotto il sole di mezzogiorno - resto qui fermo come si confà ai miei piedi di bronzo. Poi, quando scende la notte, vado in cerca di tigri tra le vie che dormono - . - Ci sono anche qui? - chiedo. - Tigri e pirati sono dappertutto - mi risponde serio. - Un viaggio fantastico! - mi augura poi, facendo l'occhiolino. 

Nel Duomo, l'Assunta di Tiziano si mostra in tutte le sue remore da Controriforma.

Se nell'Assunta dei Frari, Tiziano aveva messo l'aria e il volo, il rosso e la luce vera, coinvolgendo gli apostoli nell'ascensione celeste della Vergine, qui i dettami della riforma cattolica - anche se non ancora sanciti dal Concilio di Trento - imposero maggiore compostezza e ordine. Resta il clamore dei colori e la vitalità dei volti, che quasi ci sembra di aver già visto, di riconoscere.

Il balcone di Giulietta è vuoto: lei è scesa nel cortile e si fa fotografare, stancamente. - Non è certo casa mia... - ci spiega, tra un sorriso e l'altro. - Tutto un grandissimo equivoco, credetemi - replica, portando una mano sopra al cuore. Ha lo sguardo malinconico delle circostanze immutabili: i personaggi, sembra suggerire, vanno trattati con cura e lasciati nei loro libri, nei loro teatri. Senza fare tragedia se non possiamo toccarli.

Piazza delle Erbe è abbagliante di luce, riflessa dalla pietra chiara su cui camminiamo, dalle case che la circondano e dai teli bianchi che coprono i banchi del mercato. Madonna Verona, al centro della fontana, regge un cartiglio che riporta un antico motto. 

Le Arche Scaligere, complesso funerario trecentesco che celebra gli Scaligeri, antichi signori di Verona, stagliano i loro pinnacoli contro il cielo.

Gli scorci più belli ce li regala il Lungo Adige, con il Ponte Scaligero e le anse del fiume, che invitano lo sguardo a proseguire oltre le curve d'acqua e i pedali a girare ancora, ancora, le ruote a calcare la luce e le macchie d'ombra.



La ciclabile cittadina ci riporta al b&b. Domani si pedala verso Vicenza.