martedì 22 luglio 2014

Andar per fantasmi lungo il Po

di Giulia Cocchella


Chi viaggia da solo suscita domande. 
La vacanza normalmente intesa si fa in compagnia, in coppia o con amici, e finché si è almeno in due a portar via, pare che quella traslazione di terga che è, in sostanza, un viaggio, diventi socialmente accettabile. Se le terga sono solo le vostre, preparate una motivazione convincente.
Io motivazioni concrete non ne ho. Piuttosto parlerei di desiderio: ecco, sì, ho voglia di farmi un giro da sola.


Perché se è vero che la bellezza si avvalora nella condivisione - e di questo può difettare un viaggio in solitaria, anche se non è detto che i condivisori ve li dobbiate per forza portare da casa - di sicuro se viaggiate con voi stessi il panorama si impone senza mediazioni, vi mette sulla strada bivi reali e metaforici di cui risponderete soltanto voi. 
Senza parlare dei fantasmi.
I fantasmi nascono sostanzialmente da un problema di collocazione dopo la morte, apprendo dal mio saggio sulla storia degli spettri, ovvero dalla comprensibile difficoltà dello spirito di adattarsi a vivere senza più un guscio. Il corpo è disanimato, o l'anima è scorporata se preferite, poi metteteci magari una sepoltura sommaria o qualche discussione ancora aperta, e zac! il fantasma è servito.
Fantasmi sono anche le volute di fumo delle nostre storie irrisolte, i ricordi vivissimi di chi è morto da tempo, le evanescenze che lascia chi transita nelle nostre vite e passa oltre.
Ecco, se andate da soli, sicuro li incontrerete, questi spiriti dell'aria.
Fantasmi personali a parte, questo breve viaggio lungo il primo tratto di Ciclovia del Po è anche una ricerca di leggende e di spunti per una serie di racconti di paura che devo consegnare entro settembre.
Oggi sono partita da Piacenza e arrivata a Cremona, lungo gli argini: nessuna storia raccolta in giro, però qualche suggestione, sì.


Una casa disabitata, in cui gli alberi hanno preso il sopravvento. Chi ha vissuto lì dentro, ogni notte sentiva il rumore del fiume. Ora dalle finestre escono solo braccia di legno. Ci saranno ancora mobili? è singolare come spesso le cucine a gas sopravvivano a chi le ha utilizzate. L'oggetto che sopravvive a chi lo usa, il contenitore che resta in piedi senza contenuto. Casa disabitata = corpo disanimato.


Ma se corpo e anima sono in realtà una cosa sola, allora forse anche le case conservano gli echi delle voci che furono, le canzoni cantate al lavatoio. Si lavava con la cenere, mi raccontava mia nonna. E poi diceva anche: "se ghe sente", per dire che in una casa si sentivano chiacchierare i morti.


Ombre liquide di alberi, fantasmi d'acqua.


Un giorno un poeta amico mio, si parlava di stranezze, mi ha scritto: come trovare a terra foglie cadute, dove non ci sono alberi. Una foglia trovata a bordo strada, che sembra fuori stagione. Le foglie che cadono sono colorati fantasmi botanici, diafane testimonianze delle stagioni passate.


Trovo fantasmi anche qui a Cremona, al b&b dove alloggio, che è insieme albergo e atelier d'arte contemporanea. C'è questa foto di un uomo che sembra ripescarne un altro dall'acqua, vestito di tutto punto. O è l'uomo del lago che lo sta chiamando a sé? O ancora si tratta della stessa persona, l'uomo e il suo doppio, riflesso nell'acqua? 
Nella cultura antica, apprendo ancora dal mio libro, le apparizioni fantasmatiche potevano avvenire in stato di veglia (ypar) oppure in sogno (onar). 
Ecco, ora vado a dormire e vorrei essere lasciata tranquilla, grazie. 
Ci vediamo domani.





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