giovedì 12 maggio 2016

Langenargen - Bregenz e l'isola di Lindau

di Giulia Cocchella


Janisch mi accoglie al piano di sotto con un sorriso largo che le rimane sul viso a lungo, intanto mi fa strada nel soggiorno dove è imbandita una colazione che potrebbe sfamare senza fatica quattro persone. Alle pareti ci sono le foto dei figli e dei nipoti.
Prima di salutarci, mi chiede se voglio portar via quello che non sono riuscita a mangiare: lo fa con semplicità, mostrandomi un rotolo di alluminio e indicando le mele, il pane e il formaggio. Poi mi consegna una lista di parole che ha fatto per sé, mi spiega, ma che posso tenere. Leggiamo le frasi in italiano e in tedesco e ridiamo. Questa lista è molto preziosa, le dico in inglese. E lo penso davvero, non è solo un modo per dire grazie: è preziosa perché è scritta a mano, come gli auguri e le ricette che ci si scambia tra amiche, e perché contiene le parole che questa donna che ho davanti - che conosco appena, madre e nonna di bimbi biondissimi di cui non so il nome - ha pensato mi saranno utili in viaggio, appena ci saremo salutate sulla porta di casa. Un modo gentile per accompagnarmi ancora un po'.
Sì, no, ciao, grazie, prego, buon giorno e come stai: il bagaglio lessicale minimo per la sopravvivenza, per l'oggi. E buona fortuna, che ci proietta in un domani col sole.





Lo metto in tasca il sole, e pedalo sotto una pioggia decisa che quasi fa male agli occhi. 
A un certo punto però smetto di pensare al fatto che mi sto bagnando e scopro che pedalare sotto la pioggia mi fa venire da ridere, un po' come si ride per il solletico. La giacca impermeabile che ho acquistato prima di partire mi ripara busto, braccia e testa, ma la faccia e le gambe si bagnano come sotto la doccia. Gli occhiali li tolgo, non servono più. Così, ispirata da Janisch, faccio una lista più prosaica di indumenti da acquistare per la prossima volta: copriscarpe, coprigambe impermeabili, guanti impermeabili (se esistono). E ricordarsi l'olio per la catena, che dopo la pioggia va ingrassata.


Oltrepasso case e casette per i passeri, incrocio un' auto che mi fa passare, ringrazio e mi fermo a chiacchierare come niente fosse con il signore al volante. Con questo tempo? mi chiede, sì con questo tempo, non ho molti giorni a disposizione, l'importante è non fermarsi troppo a lungo. Mi sorride, gli sorrido, poi ci salutiamo. Mi sento all'improvviso così bene che quasi potrei pedalare cantando!


L'isola di Lindau si raggiunge in fretta, anche perché la pioggia e il freddo imprimono alla pedalata una velocità naturale, dettata dall'esigenza di mantenere una temperatura accettabile. Appena mi fermo batto i denti, così guardo le belle case e le vie da sotto il cappuccio della giacca, continuando a pedalare, finché il freddo si fa sentire anche così, e allora decido di fermarmi per un caffé.


Lindau ha un porto che sembra dipinto da un pittore simbolista, anzi forse mi ricorda proprio un quadro in particolare, ma non saprei dire quale.


Penso che qui sul Bodensee, il Lago di Costanza, hanno l'abitudine curiosa di chiamare isole queste piccole porzioni di terra collegate alla costa. Sono isole al guinzaglio, sottratte per sempre alla deriva da ponti di terra ferma che le tengono ben strette, sotto controllo.





Proseguo verso Bregenz, percorrendo un lungolago reso spettrale dalla nebbia che la pioggia solleva.


A Bregenz decido di fermarmi perché il freddo incomincia ad essere davvero troppo intenso.
Alloggio ignara presso l'ostello più caro della storia degli ostelli, ma il personale è accogliente e gentile e l'unica cosa di cui mi importa in questo momento è che abbiano l'acqua calda corrente. Provo a compilare il modulo di accettazione, ma mi trema la mano. La signora sorride, mi dice after, mi indica la stanza dove faccio una doccia caldissima, finché le mani iniziano a formicolare e mi ritorna il sorriso.



Bregenz ha belle fontane, sempre con quel gusto un po' fiabesco tipico di questi posti.
La giro con calma, sotto la pioggia, vado a vedere il palco galleggiante del Festival Musicale, poi mi addentro tra le stradine, mi arrampico verso la città alta e le sue chiese con le cupole a bulbo.








 Quando sono sazia di fiori, insegne a forma di cicogna e tegole tondeggianti, quando la pioggia mi ha inzuppata daccapo, faccio la spesa e ritorno all'ostello.










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