sabato 18 novembre 2023

Ricorrenze

  di Giulia Cocchella


A volte, per affrontare nuove prove, abbiamo bisogno di rinforzi positivi.

"Se passo questi esami, mi regalo una bicicletta!" mi sono detta la scorsa estate. 

Ha funzionato: ecco qui Celestina, bici cittadina con un'anima vintage e con sette velocità per potersi arrampicare lungo la strada di casa.

Si vede quanto sono felice?


Mi piace l'idea che le mie biciclette siano anche simbolo di traguardi e ricorrenze. Violetta è il viaggio, le falesie della Normandia, la bici dalla meccanica semplice perché possa essere riparata con facilità, in qualunque parte del mondo. La Brontolina è la concretizzazione a pedali dei miei primi diritti d'autrice e insieme il primo viaggio in solitaria (affrontare, affrontare la paura). Pedala-pedala è il brivido della velocità - leggera e nervosa come una libellula - è il sorriso sotto la mascherina quando l'ho provata; regalo splendido da parte di chi è felice con me quando sono felice. 

E poi è arrivata Celestina: un traguardo raggiunto, il coraggio del cambiamento e del cambio di passo - flemma fatta bici. Comoda, elegante, con il copricatena e il cavalletto, mi piace pensare che proprio lei mi accompagni in questo nuovo viaggio professionale, accidentato e appassionante, che mi ha rimessa completamente in discussione. A ricordarmi la pazienza, la tenacia e la capacità di riconoscere i propri progressi.


Ricorrenza 
è ciò che corre di nuovo, ciò che torna a intervalli regolari: è ruota che gira, è festa del calendario. Occasione di regali.

Così non posso fare a meno di notare che dieci anni fa inauguravo questo blog. Eravamo in due, io e la mia amica Ilaria. L'idea era quella di parlare di biciclette, di alimentazione vegana e in generale di stili di vita sostenibili. Ricordo con precisione il nostro entusiasmo, il sorriso largo che ci procurava, perché si trattava per entrambe della prima forma di scrittura pubblica. E la scrittura è fatta per questo, per l'istinto di raccontare, per mandare in giro le parole accompagnandole per un pezzo, fino a consegnarle a qualcuno che le legga. Né io né lei avevamo ancora pubblicato libri, perciò qui sopra si facevano le prove generali: si esercitava la scrittura, per la prima volta, come un atto pubblico.

Ora che il tempo mi fornisce una prospettiva, riconosco che questo blog ha avuto un ruolo nella realizzazione di altri progetti, collettivi e personali. Mi viene voglia di stabilire un'altra ricorrenza: di festeggiare.

Fare festa, fare festa sempre. Ogni volta che accade qualcosa di buono nelle nostre vite, fare festa, manifestare la propria gratitudine. Nella mia famiglia funziona così: sono queste le nostre ricorrenze.







martedì 4 luglio 2023

Fiandre - Itinerario città d'arte. Mechelen, Lier e Anversa

 di Giulia Cocchella

Se compilassimo la mappa ideale e generica di una città fiamminga, il Grote Markt, letteralmente "grande mercato", costituirebbe un elemento imprescindibile. Seguendo le regole di una sorta di metonimia urbana, con questo termine si intende la piazza principale, dove appunto si teneva - e molto spesso si tiene ancora - il mercato cittadino. Si può dire che il Grote Markt sia l'equivalente fiammingo della Piazza delle Erbe italiana. 

Questa mattina, prima di affrontare la  tappa che ci condurrà ad Anversa, scopriamo i palazzi che affacciano sulle vie principali di Mechelen, espressione del gusto e del modo di costruire dei secoli dal XVI al XVIII. Sono edifici dalle linee morbide, che si accostano l'uno all'altro senza interruzioni, ma si distinguono per colore e forme: ciascuno occupa in larghezza non più di due, tre finestre o bovindi e si eleva per pochi piani. L'effetto complessivo è molto piacevole allo sguardo. Spesso, sulla sommità del tetto, sono appollaiati animali, velieri o altre figure in bronzo, che hanno a che fare - immagino - con la famiglia che abitava lì, o forse con la destinazione d'uso dell'edificio.

Giriamo attorno alla torre della Cattedrale di San Rombaldo, a un tempo campanile e beffroi, cioè torre civica: deputata a scandire le ore (con un carillon di quasi cento campane), a custodire archivi e tesori cittadini, e a fornire un punto di osservazione privilegiato per avvistare minacce o incendi.

Contrafforti e pinnacoli conferiscono all'insieme un'aspetto quasi naturale, di gigantesco tronco d'albero. Impostata a metà del '400, si elevò in altezza di circa un metro e mezzo all'anno - un discreto ritmo per i cantieri di allora - finché una serie di vicissitudini portò alla decisione di abbandonare il progetto: la torre, nonostante i suoi quasi cento metri di altezza, è incompiuta. 


La strada verso Lier segue il corso del Dyle, in sede protetta.



Arriviamo in un delizioso parco con ponticelli in stile giapponese, proprio all'ingresso di Lier. Qui, seduti su una panchina all'ombra, mangiamo con gran gusto le nostre insalate pronte. 



Breve inciso sul cibo. Se siete vegetariani o vegani - o se per qualunque motivo (dettato da scelte o da ragioni di salute) seguite un'alimentazione non onnivora - consiglio di dotarvi di posate da campeggio in acciaio. Come queste o simili.


A noi hanno notevolmente semplificato la vita, permettendoci di scegliere più liberamente che cosa mangiare, di consumare i nostri pasti all'aperto, lungo la strada, e anche di risparmiare sui costi di vitto, piuttosto alti da queste parti. La catena Carrefour, capillarmente presente in tutte le Fiandre, offre diversi prodotti vegetariani e vegani (scelta non amplissima per questi ultimi, ma soddisfacente). 
Fine dell'elogio della forchetta.

A Lier abita Yann, un amico di Fede. Più precisamente, Yann abita sul fiume Nete, in una imbarcazione gigantesca che gli fa da casa.
Chiacchieriamo nella sua cucina, che è un tutt'uno con il soggiorno; galleggiamo, ma senza il minimo beccheggio. 
Che effetto mi farebbe abitare in una casa come questa, che si muove? Immagino di poter cambiare panorama alle finestre come altrove si cambiano le tende. E di poter viaggiare, restando a casa mia. L'idea mi piace moltissimo, mi ricorda il castello errante di Howl o la casa sulle zampe di gallina della Baba Jaga, ma in versione fluviale e assai più rassicurante. Yann e Fede parlano di tempi passati, amici comuni e spettacoli, perché si sono conosciuti facendo teatro di improvvisazione. Yann domani partirà per lavoro; scopro che ha fatto e fa ancora una quantità di lavori interessanti e poco ordinari, che normalmente richiedono più persone per essere portati avanti. Per un attimo immagino che parta con tutta la sua casa, grande come una balena, governandola con lente manovre, mentre sorseggia un caffè in cucina. Invece, come prevedibile, ha un volo tra qualche ora. La sua dimora galleggiante resterà in attesa di lui, sul fiume, ormeggiata e sbadigliante per tutto il tempo che sarà necessario.

Ci rimettiamo in sella, macinando anche qualche kilometro in più perché Fede si accorge di aver perso la sua borsa da manubrio e questo ci costringe a tornare indietro, tra imprecazioni e preoccupazioni: la ritroviamo, con gioia, vicino all'imbarcazione di Yann.
È già pomeriggio inoltrato, perciò prenotiamo il nostro prossimo alloggio ad Antwerp, Anversa, dove contiamo di arrivare in serata.

Lungo la strada, due mucche si riparano sotto un albero.


Avvicinandoci alla città, oltrepassiamo case circondate da giardini curatissimi, con siepi e ortensie rigogliose; alcune hanno  tetti di paglia, come le chaumières della Normandia.



La nostra sistemazione ad Anversa è decisamente meno elegante. Quando arriviamo, la speranza è di esserci sbagliati, di aver impostato male il navigatore, ma niente da fare: indirizzo corretto. Le scale sono troppo strette per portare le bici in camera e i dintorni non sembrano così tranquilli da legarle fuori. Ma faremo così, e tutto andrà per il meglio.


Concludiamo anche questa giornata con una degustazione di birre locali.  Stasera è il turno di Hoegaarden, Chouffe e Carolus.
Domani ci prenderemo tutto il giorno per visitare Anversa, lasciando le bici a riposo.







lunedì 3 luglio 2023

Fiandre - Itinerario città d'arte. Bruxelles, Lovanio, Mechelen

di Giulia Cocchella

Mi piace pensare che la viabilità sia qualcosa di più di un semplice dato di transito o di regolamentazione del traffico stradale.
Se una città si dà delle norme e delle strutture che consentono a tutti gli utenti della strada di muoversi con agio e in sicurezza, allora quella città è anche più inclusiva, più vicina alle esigenze di tutti. Si occupa della qualità di vita delle persone.
Muoversi in bici per le vie di Bruxelles (e di tutte le Fiandre, come avremo modo di vedere) è un'esperienza sublime per chi è abituato a fare il ciclista urbano a Genova. 
Dimenticate l'ostilità costante, le corsie ciclabili invase, i sorpassi che spettinano. Dimenticate le portiere che si aprono all'improvviso, i colpi di clacson in salita e ogni altra forma di malcelata ostilità e rilassatevi: siete in Belgio! 



Qui le corsie degli autobus sono anche delle biciclette, le auto si fermano per farci passare e il traffico adegua la sua velocità a favore della sicurezza. Nessuno sbraita né fa manovre che rivelino impazienza: ognuno occupa la strada con la tranquillità di chi si sta spostando da un luogo a un altro. Senza drammi. 

La tappa  Bruxelles-Lovanio-Mechelen è lunga un'ottantina di chilometri circa, non presenta dislivello e risulta piacevolissima sin dall'inizio.
Passiamo davanti ai grattacieli del Parlamento Europeo, quindi la ciclabile ci porta gradualmente fuori città, srotolando il suo tappeto in mezzo al verde.




Pedaliamo all'interno di un parco lussureggiante, dove facciamo il nostro primo incontro con le oche egiziane
Scopriremo in seguito che questa specie alloctona ha colonizzato moltissime aree naturali e cittadine, tanto da rappresentare una minaccia per la fauna locale. Almeno così ci sembra che abbia detto un ciclista francese che disapprovava il nostro entusiasmo per questi buffi anatidi brucanti.




Le nuvole, con il loro passaggio, consegnano alla continua variabilità le nostre foto; ci fermiamo spesso a mettere e togliere la giacca antivento.

Nell'acqua galleggia un nido di folaghe con folaghini.


Si affacciano sulla strada casette meravigliose, circondate da curatissimi giardini.




Si susseguono coltivazioni dai solchi ordinati, campi di grano, campi di pascolo; incontriamo cavalli, mucche, rondini, mentre sopra le nostre teste trascorrono incessantemente le nuvole.






Arrivati a Lovanio, o Leuven, ci fermiamo per visitarla. 
Ciò che più attrae la nostra attenzione è il Groot Begijnhof o Grand Beguinage, un luogo di silenzio e di riposo, come descritto nel cartello che accoglie all'ingresso. Non abbiamo mai visto niente di simile  prima d'ora. Fondato nel 1232, è stato abitato dalle "beghine" fino agli anni '80 del '900, leggiamo, anche se dal 1962 è divenuto proprietà dell'Università di Lovanio che lo ha restaurato e trasformato in un recinto residenziale per studenti, professori, visitatori internazionali e collaboratori universitari. Non è chiaro se questa bizzarra convivenza sia frutto di una traduzione bislacca delle informazioni turistiche o di una reale coabitazione. 
Le beghine erano donne appartenenti ad associazioni religiose esterne ed estranee alla struttura gerarchica della Chiesa cattolica: erano vedove o non sposate, e vivevano secondo regole simili a quelle monastiche, ma senza prendere i voti. Si dedicavano alla preghiera e alle opere di bene, come la cura e il sostentamento di poveri e mendicanti. Comparse nel XII secolo proprio qui, nelle Fiandre, si diffusero soprattutto in Germania e in Francia, poiché in Italia la Chiesa romana preferiva che la religiosità femminile si incanalasse nelle forme monastiche tradizionali. 
Le beghine, neanche a dirlo, caddero presto in sospetto di eresia, a causa della loro interpretazione letterale delle Sacre Scritture. O forse perché non veniva visto di buon occhio il fatto che non pronunciassero i voti. O più semplicemente, dico io, in quanto comunità femminile  autonoma e non conforme. 
Fatto sta che i beghinaggi nelle Fiandre divennero tantissimi e si svilupparono come vere e proprie "città nella città", con edifici propri, adibiti alle diverse attività. 
Ci muoviamo tra di essi prima in bici, poi a piedi, per non fare troppo rumore e perché l'acciottolato mette a dura prova le mani sul manubrio.




Le attuali costruzioni in mattone sono attribuite al '600; nel secolo successivo la comunità raggiunse il suo massimo sviluppo, arrivando a ospitare 300 donne.




Provo a immaginarle, affaccendate, ma c'è una pace così assoluta, imperturbata, che non riesco a raffigurarmele in altro modo che come esili figurine simili a ombre, intente a imporsi il silenzio l'una all'altra con il dito sulle labbra.



Ci lasciamo alle spalle Lovanio, seguendo il canale e più avanti il corso del fiume Dyle. Le rondini volano basse su un campo di grano, sfiorando veloci le spighe e le nostre teste. Tutto - i colori, le forme naturali, il loro riflesso nell'acqua - tutto concorre alla festa del paesaggio e alla gioia di chi lo percorre.






La sera arriviamo troppo stanchi per visitare Mechelen, la vedremo domani: raggiungiamo il nostro albergo, doccia, supermercato più vicino e degustazione casalinga di birre belghe





domenica 2 luglio 2023

Fiandre. Una teoria sui viaggi

 di Giulia Cocchella



Una mia cara amica ha una teoria interessante sui viaggi in aereo: poiché il nostro corpo viene spostato rapidamente da un territorio a un altro, spesso del tutto differente da quello di partenza, poiché la velocità di trasferimento è decisamente imparagonabile a quella che saremmo in grado di sviluppare camminando, a viaggiare sarebbe soltanto il corpo. Tutto ciò che abita il corpo - lo spirito in senso ampio - verrebbe dopo, ci raggiungerebbe più tardi. Da qui il malessere, simile a uno straniamento in effetti, che accompagna il nostro arrivo altrove. 

Quest'estate, ben decisi a scongiurare ogni rischio di dissociazione, andiamo in Belgio col pullman.
La tratta Genova-Bruxelles via Flixbus, 16 ore filate, regala al corpo e allo spirito un'ineffabile esperienza di viaggio, di spostamento vero e puro, che dura nel tempo quanto basta per allontanare qualsiasi sensazione disincarnata. Altrochè: arriviamo a Bruxelles completamente sfatti.


Scarichiamo le bici dal portabagagli (unico vero vantaggio di questa scelta) e iniziamo a girovagare sotto la pioggia.



La città si presenta da subito capitale: è maiuscola, ariosa, generosa in bellezza. Le opere d'arte sono dentro i musei e nelle strade, nei parchi, sui muri delle case. 
Le facciate dei palazzi si sviluppano in altezza, ciascuna nel suo stile e con il suo colore; il profilo aguzzo o stondato delle finestre sottotetto delinea un orizzonte mosso, che ben si accompagna alle nuvole sempre variabili sullo sfondo.

Nella Grand Place lo sguardo si sposta da un edificio all'altro: il Municipio in stile gotico fiorito, con la sua torre monumentale, il Museo della città, le antiche sedi delle gilde, l'oro delle sculture che decorano gli edifici insieme ai colori degli abiti delle persone. C'è qualche ombrello aperto, ma a solo beneficio dei gruppi di turisti: ha smesso di piovere.

 
Sospese a un filo, dondolanti nel vento, delle gabbie floreali decorano una via laterale. 



Bruxelles, o Brussels in fiammingo, è anche la città delle bande dessinée, i fumetti. Il Parcours BD nasce negli anni '90 per contrastare in modo attivo e creativo l'affissione dei cartelli pubblicitari. Si possono incontrare Asterix, Corto Maltese, Tintin e molti altri personaggi; negli anni, questa enciclopedia all'aperto del fumetto si è aggiornata con i nuovi autori.



In un grande parco cittadino incontriamo i giganteschi gattoni di bronzo di Philippe Geluck, designer e scultore, che con questo progetto di mostra itinerante all'aperto, "Le chat déambule", ha finanziato il Museo del Gatto e del Fumetto, di prossima inaugurazione a Bruxelles.



Nel ricostruire a posteriori questo viaggio, i ricordi del nostro primo giorno si confondono. Nemmeno le foto vengono in aiuto. Sono certa, per esempio, che non ci siamo fatti mancare la visita d'obbligo al Manneken Pis, ma non ne conservo nemmeno una foto. E dire che lo spirito del Manneken ci ha accompagnati per tutta la permanenza nelle Fiandre, dando un contributo fondamentale al nostro "vocabolario di viaggio". Comunque: il manneken è imperdibile, non tanto per ciò che è - un bronzetto secentesco di puttino pisciolante - ma per ciò che rappresenta: una divertente follia collettiva. Diventato il simbolo dell'irriverenza e dello spirito ribelle di Bruxelles, quindi protettore della città e portavoce del popolo, è tenuto in gran conto non solo dai turisti, ma soprattutto dai cittadini. Ormai è consuetudine vestirlo con abiti dedicati alle occasioni speciali o alle varie festività del calendario, tanto che il suo guardaroba comprende circa mille abitini diversi. Ma se si pensa che la sua sia stata una vita noiosa di svaghi e mondanità, niente affatto: oggetto di atti vandalici, furti (rapimenti, verrebbe da dire) e oltraggi diversi, il povero manneken dà ora prova di grande disinvoltura comparendo spavaldo nelle foto di tutti i turisti, offrendo a ognuno un placido sorriso bronzeo, nonché lo spettacolo di un'inarrestabile minzione.

Per organizzare il viaggio sono stati di grande ispirazione questi siti, curatissimi e con tracce gpx:



Da domani inizieremo a pedalare seguendo l'Itinerario delle città d'arte.
Ci organizzeremo così: un giorno di pedalata, un giorno da dedicare alla visita della città raggiunta. In questo modo, se anche lo spirito dovesse avere uno scarto sul corpo, o se a sua volta il corpo fosse superato dal pensiero, battuto sul tempo, ecco che potranno aspettarsi su una panchina a Bruges o in stazione ad Anversa.