lunedì 1 settembre 2014

Foto-grafie

di Giulia Cocchella

Non è per indolenza, lo giuro, che non ho più scritto, ma per assenza di sonno! E perché spesso quando si vive con intensità, non si riesce nel contempo a ragionare sulle cose. Ci provo ora, seduta qui al tavolo della mia cucina, prima di entrare al lavoro (ma si può davvero tornare a lavorare, adesso?). Ci provo senza darmi un ordine, seguendo le immagini e i suoni che mi occupano la testa così come sono, perché quello che abbiamo vissuto insieme mi sembra adesso un'unica grande giornata, intensa e lunghissima, eppure finita troppo in fretta.


Occhi come in un ricordo antico, che ancora guardano attraverso le Centopietre, a Patù. Cento blocchi di tufo che furono prima sepoltura, poi rifugio dei monaci basiliani, affrescati una volta, due, tre, fino a consegnarci, oggi, una stratificazione enigmatica di colori e forme.


 
 

Dedicato a Luigina, con cui ho avuto una piacevole chiacchierata attorno a piante, semi, coltivazione in vaso.
Io lascio crescere tutto quello che cresce, lascio fare alla terra, mi ha detto. Credo anch'io che la terra abbia una saggezza sua propria, che possiamo solo rispettare e provare a comprendere. 

Si racconta che Scazzamurieddu sia un folletto piccolo, gobbo e parecchio peloso, che si aggira tra le salvie e i rosmarini con il suo berretto rosso. Nelle stalle intreccia le code dei cavalli e tormenta le famiglie con i suoi continui scherzi. 

                                    


Nei campeggi salentini, ama appendere le scarpe ai cavi della luce, oppure si diverte ad intrecciare i lacci al contrario. Talvolta arriva persino a girare il telo esterno delle tende, in modo che il malcapitato non trovi più l'ingresso!

Caterina che alla partenza ci saluta con la mano, perché un po'si commuove. 

Il piacere di ruotare veloce la mano sulla pelle del tamburo e produrre un suono. Suono che una volta trovato il giusto ritmo, accelera, ipnotizza, intrappola. 

Irene e Pier che fanno acrobazie in bicicletta, e io in mezzo a loro, a sfidare la forza di gravità. 
Il tema dell'equilibrio che torna una, due, tante volte, chissà perché.







Riscoprire fame, sete, caldo, freddo, sudore, sbucciature da scoglio, mal di piedi da ballo.
Riscoprire il sapore dei fichi, ancora più buoni se raccolti al volo, staccando una mano dal manubrio.

C'è un supermercato, vicino a Ugento, che se ci arrivi in bicicletta ti accolgono come un eroe. Una dipendente prende il microfono per le comunicazioni interne e urla hip hip urrà per i ciclisti! c'è un gruppo di 43 ciclisti nel nostro supermercato! un applauso per i biciclisti! più forte, più forte! I ragazzi del reparto salumi e formaggi escono da dietro i loro banconi per fare una foto con noi. Io e Marzia quasi cadiamo dalla sella per le risate. 

C'è un'ora del giorno in cui le ombre sono così lunghe che arrivano al campeggio prima di noi.



Davide che suona sul mio tamburo una musica che incanta e io penso che adesso, quell'incanto, è chiuso dentro il mio tamburo, impresso sulla sua pelle.


Ridere, ridere, ridere, è anche questa una parola sdrucciola, come quelle, meravigliose, di Ciccio! è la ginnastica delle guance, è la festa degli zigomi, la parata dei nasi che si strizzano di gioia!


Ridere com'era da un po' che non ci succedeva, ridere fino alle quattro del mattino





con il vento tra i capelli, con il sole negli occhi


Ridere di gusto, di gioia, coi singhiozzi


Ridere, sorridere, ridacchiare


Sorridere fino alla punta dei capelli


Ridere fino a perdere il senso, ridere con tutto il corpo, nella danza, come non mi era mai capitato.

A Galatina balliamo persino sui binari, per scongiurare l'arrivo del treno.
A Gallipoli, stanchi sfiniti, facciamo per tornare al campeggio con l'ultima navetta, ma un suono di tamburello, in lontananza, ci attira fino in piazza del Duomo, dove ricominciamo a ballare. Balliamo in pineta, tra gli ulivi, improvvisiamo persino una quadriglia in acqua, a Porto Selvaggio.


E poi cercare una fine per questo post, e non trovarla, perché nessuno ha davvero voglia di salutarsi e la musica, se tendi bene l'orecchio, non è mica finita!

...O mamma comu balla la taranta l'ha pizzicau
la pizzicau allu core mamma mia ci dolore...

...O mamma comu balla la taranta l'ha pizzicau
la pizzicau allu core mamma mia ci dolore...

...O mamma comu balla la taranta l'ha pizzicau...




















1 commento:

  1. Provo davvero una bella invidia.
    Che ne farai di tutto quel sole sotto le ciglia? Di tutta quella gioia persa nei capelli?
    Attendo con pazienza ... un abbraccio

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