Avrei voluto scrivere in presa diretta, raccontare per filo e per segno ogni incontro, ogni chilometro pedalato, ogni papavero incontrato lungo la strada. Ma la verità è che alcune cose si vivono e basta, puoi tentare di raccontarle dopo, se ti riesce, puoi raccogliere qualcosa dal vivo materiale del viaggio e trasformarlo in parola. Sarà quasi sempre un tentativo maldestro, la differenza tra un fiore di campo e un fiore raccolto, sistemato in un vaso. Ma ci provo, mi dico, ci provo lo stesso: il viaggio, anche se piccolo, di pochi giorni, è già diventato ossa delle mie ossa, e pelle della mia pelle, non ho niente da perdere.
Il pretesto è stato il
Bikepride di Bologna, la parata dell’orgoglio ciclistico, in una
città in cui c’è da essere orgogliosi davvero. Io e Valeria
arriviamo a Bologna nonostante tutto, anche in barba ad uno sciopero
generale dei treni regionali dell’Emilia Romagna, caricando le
bici, a Milano, nientemeno che su Italo, dopo abbondanti sfarfallii
di ciglia al personale del treno.
Arrivate in Piazza
Maggiore, davanti a S. Petronio, c’è già un elefante a pedali e
un carro con catapulta ad acqua trainato da una bicicletta.
È chiaro da subito che
le nostre trecce e frange posticce, rosa fucsia, attaccate sotto il
casco, sono una delle cose più sobrie che si vedano in giro, ma il
clima è tollerante, una vichinga fatta e finita ci fa pure i
complimenti per non farci sentire da meno.
Bologna è orgogliosa e
fa bene.
C’è un rispetto per il
ciclista urbano che qui a Genova neanche ci sogniamo, gli
automobilisti si fermano quasi tutti di buon grado e un autobus
risponde ai nostri scampanellii con colpi di clacson e sorrisi. La
città, invasa da quest’orda di barbari che siamo, strombazzanti,
urlanti, colorati e tanti, soprattutto tanti, risponde facendo largo
e fotografie. Ci supera una bici con un calcio balilla al traino, un
pulcino gigante pedala su una bici minuscola, poi api, vichinghi con
corna di palloncini, qui tutti sanno andare in bicicletta!
Incontriamo Simona, amica
di amici, che si fa trainare su un carretto perché ha una clavicola
rotta.
Siete le Genovesi!, ci
accoglie, poi incita l’orda a pedali con una finta mazza ferrata
che brandisce con il braccio sano. I barbari in bicicletta non li
ferma nessuno!
Guardiamo questa città
che non conosciamo con gli occhi curiosi del turista, ma girarla
così, in mezzo ai bolognesi, pedalando fianco a fianco, ci fa
sentire a casa e ci permette di perderci per vie sconosciute senza
smarrire la strada. Per il momento.
Appunti di viaggio:
1) portarsi a Genova un po’ di questa speranza (è solo un fatto di cultura, e la cultura si può costruire)
2) procurarsi un campanello chiassoso, a forma di orso o mammuth, per il prossimo anno
3) una volta che hai smontato la ruota davanti della bici della tua amica, se ci tieni, all’amica, rimontale i freni dritti
4) portarsi sempre una sacca porta bici (o molto mascara)
Appunti di viaggio:
1) portarsi a Genova un po’ di questa speranza (è solo un fatto di cultura, e la cultura si può costruire)
2) procurarsi un campanello chiassoso, a forma di orso o mammuth, per il prossimo anno
3) una volta che hai smontato la ruota davanti della bici della tua amica, se ci tieni, all’amica, rimontale i freni dritti
4) portarsi sempre una sacca porta bici (o molto mascara)
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