Quando Edward Morgan Forster fa incontrare le
cugine Honeychurch e gli Emerson, sa benissimo cosa succederà. Lucy
e Charlotte, alla pensione Bertolini, non hanno avuto la sistemazione
che desideravano. Una vera scocciatura. Allora Forster dà una spinta
con la penna al Signor Emerson e al figlio George, che si offrono di
scambiare le loro stanze vista Arno con quelle delle meno fortunate
signorine inglesi. Aggiungete un po' di remore eduardiane, metteteci
che Forster ci andava forte con i romanzi, ed ecco la scintilla della
storia: Camera con vista. Sui panorami non si scherza.
La ciclovia che costeggia le sponde del
Lago di Como è a tutti gli effetti una ciclovia con vista, nel senso
che non vi importa della strada, nemmeno vi accorgete delle auto che
vi passano accanto: siete tutti concentrati sulla vostra finestra sul
lago. E che finestra.
Sabato arriviamo a Lecco nel
pomeriggio, la luce è orizzontale e c'è un gran fermento vicino
all'acqua: cigni, bambini che accorrono per vedere i cigni, gabbiani,
qualcuno che pesca.
Ci avviamo verso Bellagio perché i
chilometri sono pochi, una quarantina, ma le ore di luce anche. È
chiaro sin da subito, però, che quello che sembra un inconveniente -
l'essere partiti più tardi - si rivela un'opportunità: la luce
delle ultime ore del pomeriggio ci permette di vedere colori che
altrimenti ci saremmo persi.
Subito oltrepassato il ponte, un
cartello invita gli automobilisti a rispettare la distanza di
sicurezza dalle biciclette che procedono sul lato destro della
strada. Purtroppo il limite di velocità è dei cinquanta chilometri
orari e nelle gallerie addirittura dei settanta, ma passate quelle,
inizia una strada di solo piacere. Sulla nostra destra il lago ripete
i colori del cielo e delle montagne, non con le tonalità accese del
mare, cui siamo abituati, ma con una scelta di sfumature più
delicate, che digradano l'una nell'altra.
Passiamo Onno, Vassena e Oliveto Lario,
dove le lavandaie sciacquavano i panni nelle acque fredde del lago e
gli zampognari scendevano dai monti vicini per raccogliere qualche
moneta. Arriviamo a Bellagio insieme al buio.
È quasi tutto chiuso in questa
stagione, ci informa la signora del bar del paese, ma con un po' di
fortuna troviamo sia dove dormire che dove mangiare.
L'indomani mattina all'imbarcadero i
gabbiani sorvegliano la sponda e papere e folaghe si fanno
fotografare in piccoli gruppi. Facciamo colazione vista lago in un
caffè dei primi del '900, che ha conservato mobilio, specchi e
sapore di inizio secolo.
La strada per Como è un continuo saliscendi che attraversa borghi caratteristici e offre prospettive sul lago da diverse altezze.
Di fronte a Lezzeno, nella foschia che
ci accompagna per tutta la mattina, vediamo affiorare Villa del
Balbianello sul suo promontorio e l'Isola Comacina: sono poco più
che un'apparizione all'orizzonte, nella luce che cambia a ogni
nuvola.
Vicino all'acqua, parcheggiata su un tetto, troviamo una
tipica gondola lariana, che sembra uscita da un'illustrazione dei
Promessi Sposi.
A Nesso guardiamo in basso, giù in
fondo all'orrido che piacque a Hitchcock, al punto che vi girò una
scena del suo primo film The Pleasure Garden, nel 1925. Virginia
Valli e Miles Manders sono in viaggio di nozze sul Lago di Como e
visitano proprio Nesso, dove il marito prende la rosa ricevuta da lei
e la getta dritta dritta nel lago: era sfiorita, si giustifica.
Hitchcock non era un romanticone come Forster.
Il vento forte e rafficato prima ci
spinge, poi ci soffia contro. Ci fermiamo a mangiare un panino a
Torno, dove la foschia ha già lasciato il posto al cielo terso, poi
proseguiamo e a un certo punto la vista si allarga su Como.
Io ho una teoria: c'è qualcosa nel
paesaggio italiano che induce anche la natura più flemmatica
all'idillio, dice la signorina Lavish a Charlotte, tra i papaveri
sulle colline di Fiesole, nel film che James Ivory trasse dal libro
di Forster. I panorami sono una cosa seria, un panorama come si deve
mette persino in moto un romanzo, ispira pittori a centinaia, fa
girare la testa ai fotografi. Non è un caso se questo che viene
chiamato il Triangolo Lariano ha inchiodato alle sue vedute così
tanti scrittori, e naturalisti, e filosofi.
Per godere del panorama dall'alto,
pieghiamo le bici e saliamo sulla funicolare di Brunate.
Sarà che in pochi minuti abbiamo
coperto quasi cinquecento metri di dislivello, sarà che lo sguardo
arriva lontano fino all'arco delle Alpi e c'è un cipresso enorme, a
metà strada, che restituisce il senso della distanza, sarà il vento
che soffia fortissimo, ma ho quasi una vertigine e mi tengo stretta
al manubrio. A stare quassù troppo a lungo, uno può persino
credersi dio. E pensare che ieri, a un certo punto, abbiamo pensato
di non partire. Ci abbandoniamo alla discesa toccando i freni il meno
possibile e torniamo a casa.
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