lunedì 12 luglio 2021

Duino e Trieste. La gioia è nell'andare


di Giulia Cocchella

Chissà perché quando arriviamo a destinazione siamo felici a metà. 
Non può essere soltanto questione di gioia dell'andare (che è quella a far bello il viaggio, si sa); neppure la piccola delusione che può riservare una meta tanto attesa (qui i panorami reggono il sogno) e nemmeno l'inevitabile sovrapporsi del punto di arrivo con la fine del viaggio, con tutte le sue implicazioni simboliche. 
È proprio un'altra faccenda ancora, io credo, semplice e concreta come un prodotto soggetto a calo di peso naturale - per dire - e al tempo stesso ineffabile, sfuggente come i ricordi, che ridefiniamo a nostro piacere, ma senza saperlo.
Così Trieste mi accoglie diversa da come mi aspettavo. 
E a ben vedere le stesse parole che usiamo - attesa per aspettativa, previsione per speranza - sono sinonimi imperfetti.

Comunque, prima di Trieste viene Duino: mare lucente e rocce a strapiombo.
Scendiamo da Sales a Sistiana con l'abbrivio della discesa e leghiamo le bici all'imbocco del Sentiero Rilke per proseguire a piedi. 


La passeggiata si snoda sulla sommità delle falesie, regalando magnifici scorci sul golfo di Trieste e sulla costa slovena; dalle terrazze lungo il percorso si aprono panorami azzurri sterminati e vertiginosi scivoli di roccia che lo sguardo segue a picco verso il basso, verticali. 
Quando Rilke scrive i primi due componimenti delle Elegie Duinesi si trova proprio qui, ospite presso il Castello di Duino, che vediamo arroccato sulle falesie poco lontano.


Il Sentiero conduce al Castello, ancora proprietà di quei Principi von Thurn und Taxis che ospitarono Rilke, ma aperto al pubblico. Ci riempiamo gli occhi di bellezza: ninfee, giardini curatissimi, il forte-piano su cui suonò Liszt, la scala ellittica progettata da Palladio, uova Fabergé e altri oggetti preziosi e insoliti...






Le finestre e i balconi affacciano sui giardini circostanti e sul mare, così lo sguardo si muove senza posa dentro e fuori.







Dopo pranzo ripercorriamo a piedi il Sentiero Rilke e ritorniamo alle bici. Per raggiungere il Castello di Miramare c'è soltanto una possibilità, la SR14, panoramicissima ma funestata da un traffico esuberante.




Visitiamo i bei giardini che digradano verso il mare, poi ci dirigiamo finalmente a Trieste, alla sua piazza Unità d'Italia, gigantesca e bianchissima, tanto da farsi riconoscere anche da lontano.


Trieste ha un ago magnetico, proprio come una bussola. 
Non ho alcuna prova a conforto di questa convinzione, ma anche stavolta le ruote della bicicletta si sono dirette verso il Molo Audace senza esitare e senza chiedermi il permesso. E anche oggi che siamo in due a condividere l'emozione di questa meta, non riesco a sfuggire all'attrazione che dopo qualche giro per la città mi riporta al Molo, come a riprendere fiato. 
Le linee di forza - mi pare di vederle - se la ridono delle vie ortogonali attorno al Canal Grande, della città romana, della città austro-ungarica, delle geometrie urbane, degli incroci cittadini... Attraversano il Molo e tendono l'ago della bussola verso il mare aperto. 
Sulla bitta del Molo Audace, proprio come una grande bussola, sta la Rosa dei Venti. 


A Trieste mi piacerebbe salutare Fabrizio, così gli scrivo e l'indomani ci incontriamo in piazza Unità con grande naturalezza, come fossero trascorse poche settimane dal viaggio lungo la Parenzana di sei anni fa. Fabrizio è un cicloviaggiatore di rara sensibilità, una guida preparatissima che sa raccontare questi delicati territori di confine, socio fondatore di ViaggiareSlow, nonché autore, tra gli altri titoli, del libro che ho portato con me in questo viaggio, "Istria, storie oltre i confini"
Sono proprio felice di ritrovarlo! E poiché "la tazzina è la scusa più banale" - lo cito! - prendiamo due neri e un capo in b, se ricordo bene i nomi, al Caffé degli Specchi.


Adesso che mi ritrovo, a distanza di tempo, a concludere il resoconto di questo viaggio, ritrovo tutta la bellezza del nostro andare e i piedi mulinano su pedali immaginari, come le gambe di chi corre nel sonno.














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