mercoledì 15 giugno 2022

La Greenway Voghera-Varzi. C'era una volta il treno

 di Giulia Cocchella


Era il Natale del 1931 quando fu inaugurata la ferrovia Voghera-Varzi. 
"Il trenino dell'Oltrepò", impararono a chiamarlo i bambini, anche se i binari erano a scartamento normale e i locomotori elettrici. Nessuna nuvola di vapore, insomma, e una discreta velocità per l'epoca: fino a 70 km orari nel tratto Voghera-Godiasco e 60 tra Godiasco e Varzi.


In una foto del Museo Enrico Pessina, un gruppo eterogeneo di donne, uomini e bambini partecipa a quella che altrimenti sarebbe stata una foto più composta, del solo personale ferroviario. Alla stazione di Varzi c'è aria di festa: il treno, nuovo di zecca (lo immagino lucido, pulito nella polvere) promette di trasportare merci e persone dall'alta Valle Staffora fino a Voghera. Lo farà, fino al luglio del 1966.
La ciclabile che percorro questa mattina è la trasformazione di quell'antico sedime ferroviario.


Non è raro incontrare percorsi ciclopedonali che sono il risultato della riconversione di antichi tracciati ferroviari in disuso. Penso alla Parenzana, alla Treviso-Ostiglia e anche ai più vicini esempi liguri: la ciclabile Arenzano-Varazze, la Imperia-San Remo, la Levanto-Framura.
Mi piacciono particolarmente queste trasformazioni, sia perché consentono di fare un viaggio doppio, nello spazio e nel tempo, sia perché confortano, a modo loro, il principio di Lavoisier: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. La massicciata - la massa, per così dire - si conserva, diventando strada per altre ruote. 


Le "stazioni", partendo da Voghera, sono Codevilla, Retorbido, Rivanazzano Terme, Salice Terme, Godiasco, Cecima, Ponte Nizza, Bagnaria e Varzi. Inoltre, la Greenway Voghera-Varzi si allaccia alla Via dei Malaspina che porta a Pavia attraverso le campagne, oppure alle salite che si arrampicano sulle colline e sui monti dell'Appennino Lombardo.

Questa mattina decido di concedermi un giretto in solitaria, come non mi capita da un po', approfittando per fare tutte le soste fotografiche di cui sento il bisogno e per lasciar scivolare i pensieri in silenzio, assecondando il loro moto naturale, rotatorio.


Scendo dal treno a Voghera, imbocco la ciclabile cittadina che incomincia subito a sinistra della stazione, poi trovo il cartello con le indicazioni: impossibile perdersi.
Il percorso, che si sviluppa tutto in sede protetta e su asfalto, richiede un allenamento minimo, non tanto per il dislivello - 400 metri in tutto - quanto per i chilometri complessivi, 73 circa per ritornare alla stazione di Voghera. 


La Greenway prende il suo verde principalmente dalle acacie, che in questa stagione profumano l'aria di miele, ma trovo anche altri colori lungo la strada: l'oro quasi bianco del grano, l'oro rosso di un campo di spighe che non riesco a identificare, l'oro verde-violetto della spelta.




Dopo pochi chilometri, l'ex casello di Codevilla invita i curiosi a fare un piccolo giro attorno ai teli verdi che proteggono il cantiere, alla ricerca di un varco. Mi piacerebbe trovare una finestra o una porta aperta, scovare una breccia, uno spigolo rotto per gettare uno sguardo dentro. Ma l'edificio è chiuso: un parallelepipedo di cemento così impenetrabile che sembra pieno.


L'unico invito all'immaginazione è fornito da una vecchia transenna in cemento. 


Accosto la mia bici a quella barcollante barriera, rivestita di muschio e circondata d'erba. Nella mia testa, chissà perché, fa capriola un ricordo, una filastrocca: due uova, una carota, una scatola di fiammiferi, fai il giro della piazza, ecco la tua faccia! 
Qualche passo indietro per scattare una foto e lo spazio si fa tempo.
Ci sono un uomo e una donna che non conosco appoggiati alla transenna. Hanno abiti fuori moda e sembrano più vecchi di quanto non siano in realtà; lui si aggiusta il cappello sulla fronte da ragazzo. Attendono. Accanto a loro, una signorina di Bagnaria regge un ombrello per il sole e sorride nel suo spicchio d'ombra privato: ha incontrato un ragazzo che le piace, oggi, a Codevilla. Da destra compare un bambino che fa rotolare un cerchio, tenendolo in equilibrio con brevi tocchi di bastone. Poi le figure ritornano ombre d'albero; il cerchio di legno, cerchio di bicicletta...


Proseguendo in direzione Varzi, sulla sinistra le viti spingono lo sguardo verso l'orizzonte.


Cerco di prestare attenzione a tutti gli edifici che possano essere stati, un tempo, fabbricati di servizio o ex caselli. 



Alcuni sono stati recuperati e trasformati in caratteristici punti di ristoro, come a Retorbido e a Salice Terme.

Da Rivanazzano Terme, la ciclabile segue da vicino il corso del torrente Staffora, che trovo quasi in secca. 
Cerco di accelerare il passo perché il caldo si fa sentire, complice anche l'assenza quasi totale di zone ombreggiate.




Saliscendi e ampie curve movimentano piacevolmente la seconda parte del percorso. Non incontro anima viva, fatta eccezione per un piccolo gruppo di cuccioli di cinghiale, qualche capretta, una lepre e un serpente che mi attraversa la strada quasi senza toccarla.



Si vedono dei calanchi in lontananza, poi le colline lasciano il posto a montagne dall'aspetto più solido e roccioso.





Un campo che si apre alla mia destra sembra promettere cespugli di lavanda, mentre più avanti, a bordo strada, trovo una distesa di gigli arancioni.


La ciclabile si interrompe a due chilometri da Varzi, così proseguo sulla provinciale fino a destinazione.


I freni della mia bici fanno un fischio come di treno, quando arrivo a Varzi. Il bel borgo medievale è sprofondato nel torpore del mezzogiorno, nella calura estiva. 



Mi siedo a un tavolino per un piatto di malfatti - gnocchi di ricotta, erbette, uova, pane e grana, conditi con burro e salvia - compro un salame da portare a casa in dono e mi riavvio.
La strada del ritorno è molto più rapida per la lieve e costante discesa.
Trascorrono i verdi, i gialli e gli ocra, si mescolano i colori come dal finestrino di un treno.



(le foto d'epoca sono state reperite sul sito www.ferrovieabbandonate.it, fatta eccezione per la prima in ordine di comparsa, appartenente alla collezione del Museo ferroviario Enrico Pessina e della penultima, reperita sul sito www.stagniweb.it)

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