mercoledì 6 luglio 2022

San Miniato-San Gimignano. Il pellegrino misterioso (parte seconda)

di Giulia Cocchella


Questa mattina ripartiamo da San Miniato, aggiungendo alla tappa di oggi qualche chilometro sterrato in salita per portarci dal b&b al tracciato della Francigena.

Quello che doveva essere stato fango - si indovinano qua e là le impronte dei cingoli di un trattore - è diventato polvere sottile come sabbia, che fa sdrucciolare le ruote.


Il caldo eccezionale di questa estate, insieme alla siccità, mostra i suoi effetti devastanti lungo il nostro cammino. Fiumi che sembrano diventati torrenti, torrenti nei quali ormai crescono gli alberi, e vegetazione asfittica, frutti minuscoli. L'erba a bordo strada, che sfiora le nostre ginocchia che salgono e scendono, sembra sul punto di diventare cenere. Forse vedo davvero un filo di fumo, come di nave in partenza, di casa che brucia.

I girasoli, insieme alla fatica fisica dell'andare, mi riportano a pensieri più leggeri. 


Dicevamo: il pellegrino misterioso. Inutile girarci attorno, quando si introduce un mistero bisogna poi approfondire, scavare, indagare.
Ho un'amica che si è appassionata alle indagini da giovanissima, leggendo Topolino. Si è fatta regalare una lente di ingrandimento, ha persino compilato un registro di impronte digitali. 
Ecco, se ve lo state chiedendo, il pellegrino misterioso si sottrae con agilità pellegrinesca a ogni tradizionale strategia di incastro, di smascheramento, di trappola. A nulla varrebbero lenti e impronte.

Ma fatemi bere, prima di continuare a raccontare. 
A un certo punto, lungo la strada, si incontra una cappelletta che offre ombra e fontanella. Regola numero uno: sempre onorare le fontanelle, anche se si hanno scorte. Piuttosto usare l'acqua calda delle borracce per rinfrescarsi i pensieri e fare provviste di nuova acqua fresca.




Perché, dunque, il pellegrino misterioso sfugge alle indagini? 
Perché, nel suo pellegrinare, non obbedisce alle semplici regole di coerenza spazio-temporale. 
Il punto è proprio questo: il pellegrino misterioso è dove non dovrebbe essere, quando non dovrebbe esserci. E non nel senso che risulti inopportuno, fuori luogo, a sproposito. Proprio nel senso che si muove veloce come un razzo.
Lo troviamo a Gambassi Terme, all'ora di pranzo, nello stesso bar che abbiamo scelto noi per rifocillarci. Fresco come una rosa.
Solo che lui si muove a piedi. 
Come diavolo ha fatto?


Per onestà di cronaca, per alimentare l'incredibile se ancora ce ne fosse bisogno, va anche detto che trascina con sé un carretto.
Si tratta di una specie di rimorchio a trazione umana, un incrocio tra una valigia con le ruote e un aratro vecchio stile: con questo bagaglio, il pellegrino ha percorso a piedi lo stesso tratto di strada che noi abbiamo coperto in bicicletta. Più che notevole, è miracoloso. 
È realmente la stessa persona che abbiamo incontrato a Lucca o le somiglia soltanto? 
Siamo forse di fronte a una prima complicazione da colpo di calore?


Capita in effetti di dover allentare il casco, talvolta, perché il caldo fa pulsare le tempie. 
All'orizzonte sfilano cipressi ordinatissimi e ortogonali; i panorami sono apparecchiati da viti, ulivi e girasoli.
Sullo sfondo - prima tremolanti come miraggi, poi più scure come ombre estive - si stagliano le torri di San Gimignano.



Quando arriviamo a destinazione, nel primo pomeriggio, ci possiamo permettere un bel giro turistico senza fretta, godendoci un gelato al riparo dal sole, sotto i portici sonnolenti di Piazza del Duomo.


Cerco con lo sguardo il pellegrino misterioso, mi aspetto di vederlo sbucare in Piazza della Cisterna. Mentre mi distraggo a guardare il fondo del pozzo, mentre chiudo gli occhi per un attimo, abbagliata dal sole che si riflette sulla pietra chiara dei palazzi, forse sta trascinando il suo carretto da queste parti.



Il grandangolo del telefono mi permette di incorniciare anche le torri più spavalde, quelle che dovettero eccedere in altezza, in barba al regolamento del 1255 che impediva di superare i 51 metri della Torre del Palazzo Comunale.


Intanto le ombre si allungano; gli antichi ganci di ferro, con le loro testine a forma di animali, attendono invano cavalli che non ci sono più.




Nella Chiesa di S. Agostino, l'angelo tiene per mano Tobiolo, che nell'altra regge il pesce mostruoso. 
È ancora un bambino, non può sapere che si innamorerà e il cuore di quel pesce gli sarà utile per sciogliere la maledizione che affligge la sua futura sposa. È ancora in viaggio, non può sapere neppure che al suo ritorno il fiele di quel pesce guarirà suo padre (ma lo spera, è partito per quello, lui, anche se il padre lo ha mandato per faccende di denaro). 
In questo momento della storia, che Benozzo Gozzoli affresca con levità da fiaba, Tobiolo non sa nemmeno chi sia questa guida alata che lo consiglia. Per il momento è soltanto un uomo misterioso, così lo descrivono le Scritture.
Tobiolo è partito bambino, perciò si affida al mistero perché sa che fa parte del mondo. Avesse avuto una lente da investigatore, forse l'avrebbe avvicinata a quelle ali di farfalla per stupirsi dei dettagli.

La sera rendiamo onore alla Vernaccia, vino bianco che viene prodotto soltanto qui, all'interno del Comune di San Gimignano, grazie ai vigneti che abbiamo incontrato lungo la strada.


Stanotte sognerò torri, santi e pellegrini con le ali di farfalla.



2 commenti:

  1. Certo che fare torri alte più di 50 m nel 1200 ... però...tanta roba ...

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  2. Già! E sembra proprio che il vizio di farsi notare sia trasversale a tutte le epoche!

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