lunedì 4 luglio 2022

Via Francigena. Viandante con brio

 di Giulia Cocchella



Mi trovo spesso a frugare nei dizionari per cercare l'etimologia delle parole. È un fatto che percorrere a ritroso la storia di un termine aiuta a comprenderne il senso; ma il vero gusto di questo scavo, almeno per me, sta nella scoperta dei processi associativi spontanei, delle traslazioni di significato, delle trasformazioni: allora è come osservare una pianta con la sua radice e trovare che il sottoterra e la parte verde si somigliano sì, sono coerenti, ma restano quasi indeducibili l'uno dall'altra.


Prendete "pellegrino": vale straniero, con particolare riferimento a chi effettuava, appunto, un pellegrinaggio a Roma e quindi proveniva quantomeno da un'altra città. Camminava "peregre", fuori città: "per ager", attraverso i campi. 
In questo significato ultimo, laico e concreto, ci riconosciamo: siamo peregrini, viandanti a pedali, viandanti con brio!



Per chi voglia percorrerla tutta, a piedi o in bicicletta, questa antica via di pellegrinaggio parte da Canterbury e arriva a Roma, attraversando Inghilterra, Francia, Svizzera e Italia, per un totale di circa 1800 chilometri.
Noi abbiamo deciso di concentrarci su Toscana e Lazio, prevedendo di chiudere il viaggio a Roma oppure... al mare! deviando sulla costa toscana in caso di troppo caldo.

Ci sono stati molto utili: la suddivisione in tappe (e i tracciati gpx) forniti dal sito ufficiale della Via Francigena (consultabile anche attraverso comoda app), nonché le guide Ediciclo (sono tre, acquistabili singolarmente a seconda del tratto che intendete percorrere). 
Se siete motivati da ragioni devozionali è consigliato il passaporto del pellegrino, utile in ogni caso per usufruire dell'accoglienza (a libera offerta o a prezzi scontati) riservata ai viandanti. Il passaporto diventa anche una specie di diario di viaggio, da completare lungo la strada con i timbrini, che attestano il passaggio nelle varie tappe. Potreste sviluppare una dipendenza, una specie di insana fissazione per i timbrini. Specialmente quelli con i pellegrinetti, che sono indubbiamente molto carini, oppure quelli con le porte delle città o le torrette, indubitabilmente graziosi. Potreste, dico. A noi, se ve lo state chiedendo, non è successo.



La nostra prima tappa inizia a Massa, appena usciti dalla stazione.
Decidiamo di percorrere la variante mare fino a Pietrasanta, in cerca, neanche a dirlo, del passaporto del pellegrino (lo troveremo a Lucca, questa sera stessa).
Pietrasanta è conosciuta come l'Atene della Versilia ed è a tutti gli effetti una piccola capitale culturale. Frequentata dai migliori scultori del Rinascimento, ha mantenuto la sua attrattiva nei secoli e ancora oggi è frequentata da diversi artisti, come lo scultore colombiano Fernando Botero. In piazza Matteotti, "Il Guerriero" in bronzo regge uno scudo che sembra un piattino da tè, in confronto alla sua imponente mole di improbabile soldato.


La cittadina offre opere d'arte a ogni angolo, così ben integrate nel contesto da lasciare per un attimo incerti su che cosa è reale e che cosa non lo è. Incontriamo un'acrobata che si dondola al vento, davanti a una farmacia. Poco distante un volto gigantesco emerge dall'acqua di una fontana.



Una coppia - la pelle nuda sotto il sole abbacinante - si abbraccia davanti al Duomo di San Martino con il trasporto dell'amore.





Più avanti li troviamo seduti su una collina fiorita, a guardare un colorato panorama di case, con lo stesso stupore negli occhi.



Sono le sculture di Marco Cornini

In una via vicina al Duomo, una donna regge e protegge tra le mani una sfera di cristallo, forse presagio rotondo di ciò che il futuro ha in serbo per lei. Ai piedi di un'altra figura ci sono un piccolo drago rosso e una targa con il nome dell'artista, Katarina V, scultrice polacca che da bambina creava da sola i propri giocattoli.



Lasciamo Pietrasanta per Camaiore, concedendoci non più di un breve giretto per la sua via principale, perché il caldo è intenso.
L'Arco della Vergine Maria vede affacciarsi sullo stesso lato dell'antica porta urbana un balconcino fiorito di rose e una Madonna dipinta su un cuscino di nuvole.





Si incominciano ad apprezzare scorci e dettagli di quella esuberante bellezza che ci accompagnerà per tutte le tappe successive.



Nei pressi di Valpromaro, ci ristora una fontana.


Avendo trovato una strada chiusa, riprogettiamo il percorso con Komoot, app che ultimamente usiamo moltissimo.


Intanto sulla strada incominciano a comparire croci come questa, per lo più in legno o in ferro, con i simboli della passione (le tenaglie, i chiodi, il martello, la lancia... c'è anche il gallo che fece da contrappunto al tradimento di Pietro). Scandiscono il percorso come stazioni della via crucis e assomigliano in effetti alla Croci di Passione, quelle che aprivano le processioni del venerdì santo a Savona. Ne conservo un ricordo d'infanzia disperatissimo, fatto di mal di piedi, di folla, di cuori trafitti da spade e fruscii secchi di decorazioni d'argento, che nelle mie orecchie suonavano come sonagli di serpente, come battere di denti. 
Ai piedi di questa, leggo che un tale monsignore, conte e vescovo reverendissimo, è disposto a concedere quaranta giorni di indulgenza a chiunque si fermi a recitare un "atto di contrizione" davanti alla croce stessa. Mi sembra un cambio assai favorevole.



Il bel ponte sul Serchio - fiume tra i principali della Toscana, che troviamo quasi secco - ci porta a Lucca.
Facciamo merenda al forno Casali con la focaccia toscana che ha fama di essere la migliore qui in città (è in effetti molto buona!), quindi ci dirigiamo alla casa del pellegrino indicata sul nostro sito di riferimento. 
Degli incontri occorsi qui, dirò domani.











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