venerdì 8 luglio 2022

Siena-San Quirico d'Orcia. Crete senesi

  di Giulia Cocchella


Il territorio a sud-est della città di Siena è un susseguirsi di campi di girasoli e di grano. 
Con la tappa di oggi attraversiamo le cosiddette Crete Senesi: una terra argillosa, appunto, che contiene salgemma e gesso, e che si offre nuda alla vista, poi in caduta libera nei calanchi e nelle biancane. 
È uno spettacolo di rara bellezza, esaltante ora per i colori accesi, ora per i profili quasi lunari dell'orizzonte. 

Immagino che questi siano panorami dotati di una speciale attitudine al cambiamento: oggi li vediamo quasi argentei nella loro arsura, dorati di grano e gialli di girasoli, ma domani, quando sarà autunno, cambieranno i loro colori dominanti, per poi mutarli ancora una volta, in primavera. Vale per tutti i paesaggi, ma credo ce ne siano alcuni - come questi - per i quali il cambiamento atmosferico e il susseguirsi delle stagioni sono più rivoluzionari. Sono i soggetti per cui Monet aveva un fiuto straordinario.
Quando ci fermiamo a fare una foto, penso che forse questa speciale qualità deriva loro dal fatto che si offrono al cielo completamente nudi, per decine e decine di chilometri di orizzonte ininterrotto: che sia da un albero o da anima viva. 

La strada di oggi, se ancora non fosse chiaro, è un crescendo di meraviglia.
Le tipiche strade bianche di queste zone sono quelle dell'Eroica: per un tratto, il nostro percorso coincide.



Incominciamo con un campo letteralmente ricoperto di balle di fieno, il cui movimento apparente accompagna circolare il nostro pedalare rotondo.




Poi, quasi con spavalderia, lo spettacolo muta: è il turno dei girasoli



Non riesco a smettere di guardarli e di fotografarli.
Ci accompagneranno per chilometri. 



Siamo ubriachi di giallo, ci sentiamo vivaci e leggeri.
A ruota, segue l'oro chiaro del grano appena tagliato.


Qui il fieno è pressato in balle quadre, che diventano lingotti.
Il campo mostra i segni del passaggio della mietitrebbia, le righe di un velluto.


Una piacevole discesa, sorvegliata da due file di cipressi, porta a un'altra croce di Passione, con un galletto di ferro appollaiato sulla sommità. Ai piedi della croce, i frammenti suggestivi di un'iscrizione scolpita nella pietra: God bless you, dove a bless corrisponde il disegno di un piede. Siano benedetti i nostri passi, mi piace leggerla così, come un inno di gratitudine al cammino.




Il vento spettina i girasoli e all'ombra di un tiglio, sotto il quale ci fermiamo a mangiare, assistiamo alla picchiata di un falco.

I girasoli sono sostituiti dagli ulivi, poi di nuovo dalle viti (questa è la terra del Brunello) in un alternarsi di sfumature di verde, sotto un cielo che sfilaccia lento le sue nuvole, cambia loro la forma. 





Niente resta uguale, tutto muta con lentezza, lasciandoci il tempo di guardare.



Passiamo Isola d'Arbia, Monteroni d'Arbia, Ponte d'Arbia, tutte località che prendono il nome dal fiume che scorre qui vicino, ma il vero spettacolo è quello offerto dalla natura: i paesi e le cittadine sono in tono minore, rispetto all'immensità che le circonda. Lo sguardo spazia in tutte le direzioni finché l'orizzonte è così lontano da sbiadire i contorni delle cose.


A Torrenieri, frazione di Montalcino, un'iscrizione si rivolge direttamente al viandante. 
A te che forse arrivi da oltre frontiera - è scritto - benvenuto nel comune di Montalcino. Questo è il castello della ex torre nera - continua - dove sostavano l'imperatore, il pellegrino e la bella castellana. Con gentile maniera, dava ristoro con prosciutto, cacio, uova e del buon vino novello... Poco più avanti si nominano Boccaccio e l'Alighieri, ma il tempo ha consumato le parole in mezzo. A firmarsi è il "cordialmente tuo" Ciacci Mario.


Un'altra epigrafe ricorda la sosta - era il 2 marzo 1452 - della bella principessa Eleonora (d'Aragona), che arrivò dal Portogallo con 130 carrozze e 40 dame. Era diretta a Roma per sposarsi con Federico III d'Asburgo. I due promessi sposi si erano incontrati per la prima volta qualche giorno prima, a Siena. Pare si fossero  piaciuti, anche se ai tempi non si badava un granché a queste faccende.

Morbidi tornanti, prima in salita, poi in discesa, poi di nuovo in salita, conducono a San Quirico d'Orcia.

Qui alloggiamo in un posto delizioso, L'Antica Sosta, b&b che prende il nome e i muri portanti della "sosta", appunto, che qui si trovava: un edificio con una grande stalla dove si potevano rifocillare i cavalli o cambiarli.
L'ingresso e la sala della colazione, con gli archi ampi e ribassati, coincidono proprio con quella che un tempo era la stalla dei cavalli. 
La gestrice ci accoglie con una gentilezza speciale, invitandoci a fare merenda con brioches, frutta, succhi o qualunque altra cosa desideriamo. Attorno a noi, guardando meglio nella penombra, in effetti vediamo vassoi e piatti con ogni genere di prelibatezze. Non esagero dicendo che ogni superficie piana - tavoli, tavolini, mobiletti, credenze - è occupata da un dolce, un altro, un altro ancora... e la signora è intenta a sfornare qualcos'altro.
 Nella sala della colazione, perennemente allestita, ci sono già - le conto - una dozzina di torte.



La camera, al piano superiore, è preparata con la stessa cura.

Dedichiamo il tardo pomeriggio alla visita di S.Quirico, minuscola e meravigliosa: la Collegiata dei Santi Quirico e Giulitta, con i suoi splendidi portali, gli Horti Leonini, giardino cinquecentesco, in parte all'italiana, in parte all'inglese, che ci conduce alla scoperta di alcune installazioni contemporanee e di un piacevole panorama di tetti cittadini, Santa Maria Assunta, il cui campanile a vela, bello nella sua semplicità, intercetta l'ultimo sole.






Sole che si attarda sulla pietra chiara, si riflette sulle superfici lucide e fa risplendere il bianco del marmo. Abbaglia ancora, con i suoi raggi radenti. 
Quella di oggi - lo deciderò poi, a fine viaggio - è la mia tappa preferita.



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